mercoledì 9 maggio 2012

Andare. Angela Barile.

La cosa meravigliosa del dolore è che può darti una possibilità, può dartela se tu glielo concedi, se non ti sottrai al suo richiamo spaventoso. So che ci sono infinite teorie sull'utilità del dolore, ma so anche che sono solo parole vuote se non lo vivi sulla tua pelle, se non permetti a tutta quella sofferenza di svuotarti. Il vuoto è terribile, lo senti mentre ti consuma dall'interno, mentre ti inaridisce il cuore, ma se tu non ti opponi, se tu gli permetti di abitare dentro di te, se lo accetti e gli dai tutto lo spazio che gli serve, ecco, è proprio in quel momento, che si aprono nuove strade, o meglio, è solo in quel momento che tu riesci a vederle.

Sono qui, ferma, da tanto tempo ormai, :ferma mentre credevo di andare. Sono sempre stata una persona che gli altri definivano coraggiosa, perchè sono andata via per ricominciare da zero in un altro posto, ho sempre risposto che ci voleva più coraggio a restare in un luogo che sentivi non essere tuo e in cui non vedevi futuro, andare era una specie di necessità, era il solo modo che avevo per inseguire me stessa.

Cosa è successo poi? E' successo che in questo inseguirmi mi sono persa, senza neanche rendermene conto, il dolore mi è piovuto addosso come una pioggia infuocata, aveva un volto diverso di volta in volta, ma era sempre lo stesso, ad un certo punto ho cominicato a dimentichare chi l'aveva causato e a chiedermi perchè era venuto, perchè non si placava mai, perchè la serenità era diventata una piccola pausa tra un dolore e un'altro. Penso che questo cambio di prospettiva, questa domanda sia stata la chiave di tutto, è in quel momento che ho cominciato ad abitare il mio vuoto, ad accettarlo. Non mi è mai piaciuto molto il termine "accettare", per me ha sempre significato rassegnarsi, ho capito poi che il verbo "accettare" è in movimento, non ha la staticità della rassegnazione, accettare è abbracciare quello che hai intorno, rassegnarsi è come incatenarsi.

Sono nella fase adesso in cui questo vuoto non mi sembra così terribile, è ora diventato uno spazio, sto provando ad arredarlo, a capire lo stile che voglio dargli, per ora è solo pieno di luce e ha porte e finestre spalancate e so che al momento può bastare. Non so ancora precisamente cosa voglio, ma chi lo sa mai veramente? So solo che desidero andare avanti, seguirmi nel coacervo di strade e nella folla di gente che incontrerò, porto con me i libri, la scrittura e qualche ricordo perchè mi mostri sempre da dove vengo.
Non mi serve nient'altro.



martedì 10 aprile 2012

Qualcosa da scrivere. Angela Barile.




E' qualche settimana ormai che non scrivo più nulla sul blog. Ho avuto bisogno di qualche giorno di pausa per capire bene quello che volevo.
Mi sono interrogata a lungo sul significato della scrittura per me, sul peso che hanno nella mia vita le parole scritte: quelle che scrivo io e quelle che leggo nei libri.
Quando ero molto piccola, un giorno, vidi mio padre che stava leggendo un quotidiano, lo faceva muovendo leggermente le labbra: nella mia ottica di bambina mi sembrò che , attraverso quei disegni sul foglio, lui fabbricasse parole, la cosa mi colpì molto e decisi che dovevo imparare.
Non ricordo precisamente come sia avvenuto, so solo che è come se avessi saputo sempre farlo. E così, dapprima ho cominciato  a leggere le favole, poi a inventarle( me le raccontavo la sera prima di addormentarmi) infine, verso i sei o sette anni ho iniziato a scriverle.
Ci sono cose che fanno parte di te nel profondo, cose : ecco, leggere e scrivere per me da bambina è stata un'acquisizione naturale, un riaffiorare in superfice di qualcosa che in me era già presente.


Con gli anni, i libri e la scrittura sono diventati un rifugio, sono sempre stata una sognatrice, e la mia vita quotidiana certo non bastava a soddisfare le mie esigenze, così mi nutrivo di ogni tipo di romanzo e scrivevo qualsiasi genere di storia che mi sarebbe piaciuto poter vivere: le mie eroine inventate erano in grado di fare cose che io non avrei mai avuto il coraggio di vivere nella mia vita reale, inseguivano amori lontani, scappavano di casa, si perdevano nell'oblio della droga e  dell'alcool, ed erano così reali ai miei occhi che,  a volte, facevo fatica  a distinguere quei personaggi dalla me in carne ed ossa.
Con il passar del tempo la scrittura è diventata un modo per scoprirmi, per conoscere la mia parte più profonda e autentica, ho sempre scritto solo per me stessa, concretamente le cose che scrivevo non potevano interessare gli altri, anzi, erano così personali e intime che la sola idea che qualcuno potesse leggerle mi metteva in grave imbarazzo.
Poi all'improvviso la vita mi ha regalato qualcosa: il tempo, un tempo costretto all'interno di quattro mura, un tempo in cui le parole nella mia testa erano l'unica cosa a cui potevo aggrapparmi per non impazzire.
Ho cominciato così a scrivere, ho aperto questo blog, e , per la prima volta, gli altri hanno letto quello che scrivevo: spesso cose molto personali, altre volte considerazioni, recensioni dei libri che amavo di più.
Eppure a leggerle, col senno di poi, anche le mie recensioni hanno una matrice troppo intimista, anche in esse non riesco ad essere oggettiva, così più che la critica del romanzo, è l'impatto che quella storia, quella scrittura ha su di me che viene fuori.
Non so se sarò mai in grado di scrivere qualcosa che oltre che corrispondere  a me , possa anche interessare in modo compiuto gli altri, per il momento la scrittura resta il miglior mezzo che ho per esprimere me stessa, l'unico modo che conosco per comunicare con i mille personaggi che convivono e  si scontrano dentro di me, senza di essa sarei una persona disturbata  e infelice.



Ho pensato tante volte di cominciare a scrivere qualcosa che potesse, almeno in teoria, essere pubblicabile, tra i miei sogni di bambina e di adolescente c'era anche quello di diventare una scrittrice, non mi rendevo conto allora di quanto possa essere difficile scrivere per gli altri, quando si scrive per se tante cose possono darsi per scontate, non c'è bisogno di spiegare ogni passaggio, di descrivere nei dettagli quello che accade, tu sei creatrice, protagonista e pubblico.
Scrivere per gli altri presuppone un approccio diverso, che non ho mai utilizzato prima e che forse non mi viene così naturale, di conseguenza uno sforzo maggiore.
Non so se riuscirò mai a farlo, ma ci sto provando: in questi giorni di assenza dal blog ho iniziato a scrivere qualcosa di diverso, qualcosa che presupponga una pubblicazione ma soprattutto un pubblico, in alcuni paragrafi a guidarmi è la mia voce interiore, come sempre lei detta e io scrivo, ma spesso devo prendere le redini e guidarla, tradurla, perchè non si metta a parlare nella sua lingua personale: il dialetto stretto di una terra sperduta e sconosciuta ai più.
Creare dei collegamenti tra me e il mondo esterno, ecco, ora è questo che deve diventare per me la scrittura, almeno è quello che proverò a fare.

sabato 24 marzo 2012

Un indovino mi disse. Tiziano Terzani.

" Attento! Nel 1993 corri un grande rischio di morire. In quell'anno non volare. Non volare mai. "
Comincia così questo libro, dalla predizione che un indovino cinese fa a Tiziano Terzani nella primavera del 1976.
Passa il tempo, ma Tiziano non dimentica quella profezia e in quell'anno decide di non prendere aerei, pur continuando ad esercitare il suo lavoro di corrispondente. E' da questo evento non ordinario che trae origine la storia di questo viaggio eccezionale, alla scoperta di un'Asia , vista da una prospettiva nuova e lenta, fatta di tempi lunghi e di percorsi sudati, di frontiere da attraversare, di treni da prendere, di navi su cui imbarcarsi.
Con quella che ha tutta l'aria di una maledizione, Terzani riscopre il tempo lento e agognato della scoperta, in paesi che non sono semplicemente lo scalo di un'areoporto, bensì binari lunghi e malandati su cui andare, strade non asfaltate da attraversare e mari aperti da cui salpare e poter   avvistare terra.
E così, se da una parte c'è la cupa e triste constatazione di un paese che si sta sempre più occidentalizzando, dall'altra siamo ancora in grado di sentire lo spirito orientale di questi luoghi, in alcuni paesaggi, soprattutto, nei colori, nelle credenze, nelle persone.
Il filo conduttore di questa storia è il destino, di quei luoghi e di Terzani stesso, i numerosi indovini che lui consulta in questo viaggio sono spesso figure esilaranti, in qualche caso degne del massimo rispetto, persone che più che indovinare, sanno leggere l'animo umano, con l'attenzione tipica di un'Oriente ormai perduto.
Così questo viaggio diventa innanzitutto un viaggio alla scoperta di se e di una nuova dimensione umana, un modo nuovo di vivere in connessione diretta con quello che ci circonda. C'è in queste pagine il germe di una nuova consapevolezza, la profezia, con il senno di poi, diventa importante, e non tanto per la predizione in parte avveratasi davvero ( nel Marzo 1993 un aereo, carico di giornalisti precipita sul serio in Russia ), ma per il modo lungimirante e attento in cui Terzani la utilizza: non è necessario sapere se quello che dicono gli indovini si avvererà, molto probabilmente, nella maggioranza dei casi, non succederà, la parte essenziale sta proprio nella ricerca, nel viaggio personale di ogni individuo all'interno di se stesso, ed è esattamente quello che Terzani fa su questa immensa terra, piena di contraddizioni che è l'Asia: scoprire e scoprirsi al di là dei tempi e degli spazi che ci vengono imposti.

mercoledì 21 marzo 2012

Al "mio" fantasma. Angela Barile.

Inciampare nel tuo sguardo è, ancora oggi, nonostante tutto, tra le cose più ovvie e logiche che mi siano mai capitate. Avevi un senso nella mia vita, anche se chiunque direbbe, compreso te, che senso non sembra essercene stato alcuno in  questa storia.
Suona strano chiamarla storia, perchè adesso, con il senno di poi, mi rendo conto che la nostra è stata soltanto una farsa: innanzitutto la tua nei confronti di te stesso, ancora la tua nei miei confronti e infine la mia, che mentivo a me stessa, che negavo l'evidenza.
Dove sei adesso?Perso nei miei ricordi di carta o vivo in mezzo a questo presente che è solo tuo?
Sei ritornato nel limbo delle persone che non conosco o forse in quel limbo ci sei sempre stato?
La risposta è evidente ai miei e ai tuoi occhi, noi non abbiamo più bisogno di spiegazioni, io di sicuro no, di spiegazioni me ne hai date tante in questi mesi, solo che io all'inizio non le vedevo, le trasformavo man mano in quello che volevo sentire, le trasformavo nella persona che avrei voluto tu fossi.
Non sto scrivendo a te ,sai? Non riesco a pensarti come ad una persona in carne ed ossa, tu sei un fantasma, il "mio" fantasma, questo concedimelo, forse  è l'unica verità che mi porto dietro di noi due : quest'immagine irreale fatta di sabbia e vento, l'immagine di chi per me non è esistito mai.
Cosa mi lasci? Vuoi davvero saperlo? Mi restituisci il vuoto, quello che già era mio, un dolce senso di malinconia e di tristezza e, infine, mi rendi i miei sogni, gli stessi che hai tenuto per un pò tra le tue mani di vetro, gli stessi che mi avevi promesso avresti realizzato per me.
Sai cosa ho capito, mio fantasma? Che ai miei sogni ci devo pensare io, e serve tanto dolore per capirlo e tanta fatica per farlo, sto cercando di riempirlo questo immenso spazio che ho dentro con le mie sole forze e con qualche sorriso, sto creando la sola cosa che valga la pena creare: un'immagine di me più vera e profonda, un'immagine nuova che mi corrisponda davvero.
Ricorda, è questa l'unica cosa che conta.
Ti auguro di poter essere autentico, con te stesso, prima di tutto, e, con tutte le persone che incontrerai; di essere soddisfatto di quello che sei e, soprattutto, con tutto il cuore, di essere felice, nel modo in cui tu vorrai. Io da quassù continuo la mia personale lotta, tu, mi raccomando, continua la tua.

lunedì 19 marzo 2012

Le persone felici. Angela Barile.

Ci sono persone che nonostante tutto riescono ad essere felici solo perchè hanno trovato il modo di esprimere se stessi anche in una vita difficile:attraverso il lavoro, le proprie passioni o attraverso un amore; le persone felici sono sempre le più coraggiose perchè in qualche modo hanno rischiato, hanno capito che quello che conta davvero è trovare un compromesso tra la realtà che li circonda e la profonda essenza di sè, le persone felici non conoscono la parola "se", si buttano nella vita nonostante tutto, la cavalcano, nonostante la fatica e la paura, sono come quei surfisti che navigano l'onda e ci riescono solo diventando parte di essa.
 
Non bisogna invidiarle, ma ammirarle, loro hanno risposto agendo alle domande che normalmente affliggono gli esseri umani, hanno capito che la lotta per vivere davvero è l'unica possibilità che abbiamo per non lasciarci sopraffare, rimanere fermi e immobili ci rende indegni di questo grande dono che è la vita.
Noi siamo nati per essere felici, siamo stati dotati di tutto quello che ci serve: di un'anima, innanzitutto, dell'intelletto e della compassione, non ci serve nient'altro, l'unica cosa che dobbiamo fare è utilizzarli, smettere di lamentarci, di inveire contro la cattiva sorte, di provare rancore verso chi ci ha fatto del male.
Siamo noi e soltanto noi a decidere cosa possiamo essere, non controlliamo gli eventi, è vero, ma possiamo scegliere se stare con noi o contro di noi.
La scelta sembrerebbe ovvia  e naturale, eppure per qualche strano scherzo del destino, noi esseri umani non assecondiamo quasi mai la nostra natura, alziamo delle difese nei confronti degli altri e del mondo, ci convinciamo ( o ci convincono ) che quello che desideravamo da bambini non era realistico, che dobbiamo adattarci, conformarci alle esigenze della nostra famiglia, dei nostri amici, dei fidanzati, dei mariti o dei figli, finiamo così sempre per rimandare, finchè non dimentichiamo del tutto quello che avevamo sempre desiderato, siamo l'unico mammifero al mondo che tende all'autodistruzione e su di essa costruiamo un'esistenza precaria che prima o poi ci si ritorce contro.
 
Quindi muoviamoci! Non ci ucciderà inseguire i nostri sogni, è solo un'alternativa, l'unica possibilità che abbiamo per provare a essere felici e, dato che il risultato non è garantito, vi assicuro che la felicità sta nella lotta e non sulla vetta che chissà se vedremo mai.
 
 

sabato 10 marzo 2012

Alla ricerca della metà perduta. Angela Barile.

Oggi è dell'amore che voglio parlare, dell'amore quando non c'è, di quando ti manca il fiato, di quando non sai più capire dove finiscono le lacrime e dove inizia la pioggia, dell'amore sparito, dell'amore che non c'è mai stato, di un volto che credevi di vedere e che invece era solo la proiezione di quello che avresti voluto.
Ci sono giorni in cui il non-amore ti assale come un cavaliere a galoppo, giorni in cui come miele si attacca ai vetri delle tue finestre e i tuoi occhi non riescono più a guardare.
Capita a tutti almeno una volta nella vita di sentirsi persi in questo grande mondo, di sentirsi soli anche tra migliaia di persone, "un'anima in pena" si dice e di solito, con quest'espressione, ci si riferisce ad una persona senza amore.

Nel Simposio di Platone, Aristofane racconta un mito a proposito di Amore: in origine gli uomini e le donne non erano separati, ma vivevano l'uno attaccato all'altro in un unico corpo, gli dei, vedendo quanto potere aveva in sè questa unione, decisero di separarli, da allora gli uomini e le donne vagano nel mondo in cerca della loro metà perduta.
Secondo questo mito nessun uomo e nessuna donna è veramente completo finchè non trova l'altra parte di sè, ecco perchè la sofferenza d'amore è tra le più atroci, chi non trova l'altra metà passa l'intera vita  a cercarla e nè il denaro, nè il potere potrà sostituire questa mancanza, chi è senza amore sarà in qualche modo sempre un mezzo uomo o una mezza donna.
Certo questo è un mito ed è chiaro che non abbia una vera corrispondenza nella realtà, eppure è proprio così che si sentono i non amati, anche chi non ha mai sentito parlare di questa favola, avverte una specie di vuoto, una mancanza.

Ho pensato molto a queste metà che girano per il mondo, sofferenti, incomplete, senza la certezza di riuscire  a trovarsi: ci si può riprendere da una delusione d'amore, dopo un pò ci si consola pensando che  quella non era la metà giusta, ma quando il non-amore è la condizione di un'intera vita come si riesce ad andare avanti? Abbellendo e conoscendo nel profondo la metà che abbiamo,esprimendo tutte le sue potenzialità, senza provare rabbia o lamentarci per quello che non cè, d'altra parte l' amore non ci è dovuto, l'amore è un dono.
Trasformiamo Il non-amore in una possibilità, la possibilità di essere quello che siamo davvero nel profondo solo con quello che abbiamo, sperando che la nostra metà, persa da qualche parte in questo mondo stia facendo lo stesso.

giovedì 1 marzo 2012

Fai bei sogni. Massimo Gramellini.


1 marzo 2012. Stamattina alle nove ero già davanti alla mia libreria preferita ad aspettare che aprisse.
Volevo leggerlo questo libro il prima possibile, mossa da una necessità primordiale a cui non sapevo bene quale nome dare. Non è strana quest'immagine per chi mi conosce: la mia passione per la lettura è cosa ben nota. Eppure questa volta non è stata solo la  passione a portarmi lì davanti, ma una specie di voce interiore, quelle che nella vita ogni tanto ci parlano e che qualche volta siamo portati ad ascoltare.
Il libro era ancora imballato nella sua scatola, ho dovuto gentilmente chiedere di aprirla , ed eccolo finalmente l'oggetto sconosciuto che aveva mosso "il mio viaggio", pronto per me.
Ho odorato a lungo il profumo delle pagine, lo faccio sempre prima di cominciare a leggere un libro, è l'anticamera della lettura per me, un modo per entrare in sintonia con la storia che da lì a pochi minuti mi inonderà. Poi ho cominciato.

Sono le 18 e 34 adesso, tanto ci è voluto perchè finissi il romanzo, una manciata di ore che non senti passare, come quelle degli innamorati, che quasi non hanno una dimensione temporale, slegate da tutto quello che è la concretezza della vita.
Il libro è molto più autobiografico di quanto pensassi, me ne sono resa conto solo alla fine: la storia di un bimbo che combatte per tutta la vita il trauma della morte di sua madre, e anche se il bimbo cresce, capitolo dopo capitolo, è ancora un bambino quello che, a piedi nudi sul tappeto,combatte contro il suo Belfagor, arrendendosi infine all'amore e al perdono, diventando in quel momento adulto.

Non mi sento di fare una recensione di questo romanzo, come spesso faccio per altri libri.
Queste pagine sono state per me qualcosa di molto più personale perchè io possa recensirle: non sono orfana come Gramellini, non ho perso mia madre durante l' infanzia, ma ho perso me stessa, questo è sicuro; anche adesso mentre scrivo non sono certa di essermi ritrovata del tutto, ho perso i miei sogni, per orgoglio soprattutto credo, ogni scelta della mia vita mi ha portata sempre più lontana da essi, dicevo a tutti che volevo combattere per loro, ma in pratica me ne allontanavo, credevo di punire la mia famiglia in questo modo, ma in realtà ho finito per punire me stessa.

Si può perdere qualcuno, a volte, anche se continua a vivere, anche se abiti e condividi con lui le tue giornate: è quello che ho fatto io, li ho persi, forse perchè in un momento imprecisato della mia prima infanzia non mi sono sentita accettata e così ho preferito farmi artefice di questa lontananza e ho cominciato a crearla io. In questo gioco al massacro ho permesso all'orgoglio e al capriccio di gestire i fili della mia vita e così ho finito per scegliere gli studi sbagliati, le città sbagliate e gli uomini sbagliati, tutto quello che ho fatto non ha corrisposto mai alla vera me, ma solo all'immagine che avevo costruito.

In queste pagine ho ritrovato anche il mio Belfagor, ma soprattutto ho sentito che in certe frasi lui perdeva un pò di potere, che certi veli si scostavano di tanto in tanto per scoprire una donna che non fosse più bambina, e ho pensato a tutti i romanzi non finiti che riposano tramortiti nella memoria del mio computer, a quanto essi possano essere stati il tentativo disperato di un'anima che ha bisogno di spogliarsi per poter diventare niente di più di quello che è davvero.