venerdì 22 giugno 2012

Ritorno a casa. Angela Barile.

Ho passato tutta la mia vita a scappare, ho sempre sentito una non-appartenenza in quello che mi circondava, mi chiedevo, a volte, da dove ero venuta fuori io, mentre guardavo il resto della mia famiglia: avevo, è vero, lo sguardo di mia madre, le mani e i piedi di mio padre, i modi di fare e il tono di voce delle mie zie, eppure mi sentivo altra , come se a loro non potessi appartenere.
Ho deciso, quando ero una bambina, che sarei andata via, perchè doveva pur esistere da qualche parte, qualcosa in cui mi potessi riconoscere, nel frattempo mi estraniavo sempre di più da tutta la mia famiglia, se una differenza sentivo, la accentuavo, come fosse un segno inequivocabile, come se tutti dovessero vedere che io ero fatta di una materia diversa, nè meglio nè peggio, semplicemente ero un'altra cosa.
Ero fatta di parole, innanzitutto; soprattutto di quelle che tacevo, fatta dei libri che leggevo, delle storie che inventavo, per anni ho vissuto davvero solo in quello che non esisteva, mentre recitavo una vita normale, sperando, ingenuamente, che poi, un giorno, lontana da tutto e da tutti, sarei stata semplicemente quella che ero.

E così, quando ho potuto, sono andata via. Col senno di adesso mi chiedo perchè non sia mai fuggita davvero lontano, insomma avrei potuto andare dove volevo, nessuno me lo avrebbe vietato, la mia famiglia mi avrebbe sicuramente aiutata, eppure il posto più lontano dove sono riuscita ad arrivare è questa città di mezzo, la città, che per chi viene dal Sud, separa in qualche modo una piccola da una grande distanza, sono finita in una città di fiume, anche se avrei voluto una città di mare, in una città  a misura d'uomo, mentre avrei voluto una metropoli.

Non ho mai preso decisioni avventate nella mia vita, ho sempre seguito princìpi di cui mi fidavo ciecamente, peccato fossero ancora soltanto i princìpi di un'adolescente ribelle!
 Eppure Firenze è stata il luogo in cui mi sono ritrovata: abbastanza lontana da ciò che mi era familiare, ho dovuto reinventarmi, valutare daccapo tutto ciò che mi aveva portata fin lì. Lontana da casa, dalla mia famiglia, dalle mie montagne, dal mio mare, ho capito che non potevo sostituire niente e nessuno, ho capito che, lo vogliamo oppure no, i luoghi e le persone dalle quali nasciamo sono la nostra essenza più profonda, sono il materiale che ci portiamo dietro per poter diventare ciò che siamo.
Staccarmi da loro mi è servito, ma solo per capire che a loro volevo tornare.

Mia madre mi ha raccontato che quando sono nata, durante il parto, mentre lei spingeva con tutte le sue forze per mettermi al mondo, io, caparbia, ad ogni spinta, risalivo su. Ho fatto la stessa cosa anche dopo: testarda, ho rifiutato quello che era inevitabile:  un legame che c'era nelle cellule del mio corpo, che si rigenerava di continuo e che nessuna lontananza poteva cancellare.

Non so dove andrò adesso, non so cosa farò, per ora respiro profondamente, come quando sono nata la prima volta.
Ricomincio da qui, per morire e rinascere mille volte ancora.

mercoledì 6 giugno 2012

Il bacio di Venere e Sole. Angela Barile.

Oggi, 6 Giugno 2012 Venere e Sole si incontrano, un evento astrologico eccezionale avvenuto otto anni fa e che accadrà nuovamente tra 105 anni.
Ora, per chi non lo sappia, io sono una grande appassionata di astrologia e il fatto che questo "bacio" tra la stella e il pianeta più evocativi dello zodiaco avvenga mentre soggiornano nel mio segno zodiacale, devo dire, mi affascina moltissimo.
Quisquilie! Diranno gli scettici, eppure io questo transito lo sento. Sarà che tutto intorno a me sta cambiando velocemente, sarà che io mi sento una persona nuova, sarà che ho addosso tanta energia capace di spostare montagne. Sembro ferma, eppure mi muovo; per la prima volta nella mia vita non mi accade il contrario, per la prima volta nella mia vita sono al centro del mio universo e ridimensiono gli altri.
Mi sento come ci si può sentire nell'occhio del ciclone, in quei secondi che rappresentano una calma apparente, in quei secondi che sono il preludio di una rivolta devastante.
La rivolta c'è nel mio eterno andare, nel bastare a me stessa, nel cessare di aspettare.
La rivolta sono io che mi muovo leggera, una piuma che si fa trasportare dal vento, ma che non è alla sua mercè. Bisogna affidarci a noi stessi ogni tanto, a quella parte più profonda e più antica che ci portiamo dentro, lei sa sempre quello che c'è da fare!
Ecco la mia rivoluzione, ecco il mio transito personale.

mercoledì 9 maggio 2012

Andare. Angela Barile.

La cosa meravigliosa del dolore è che può darti una possibilità, può dartela se tu glielo concedi, se non ti sottrai al suo richiamo spaventoso. So che ci sono infinite teorie sull'utilità del dolore, ma so anche che sono solo parole vuote se non lo vivi sulla tua pelle, se non permetti a tutta quella sofferenza di svuotarti. Il vuoto è terribile, lo senti mentre ti consuma dall'interno, mentre ti inaridisce il cuore, ma se tu non ti opponi, se tu gli permetti di abitare dentro di te, se lo accetti e gli dai tutto lo spazio che gli serve, ecco, è proprio in quel momento, che si aprono nuove strade, o meglio, è solo in quel momento che tu riesci a vederle.

Sono qui, ferma, da tanto tempo ormai, :ferma mentre credevo di andare. Sono sempre stata una persona che gli altri definivano coraggiosa, perchè sono andata via per ricominciare da zero in un altro posto, ho sempre risposto che ci voleva più coraggio a restare in un luogo che sentivi non essere tuo e in cui non vedevi futuro, andare era una specie di necessità, era il solo modo che avevo per inseguire me stessa.

Cosa è successo poi? E' successo che in questo inseguirmi mi sono persa, senza neanche rendermene conto, il dolore mi è piovuto addosso come una pioggia infuocata, aveva un volto diverso di volta in volta, ma era sempre lo stesso, ad un certo punto ho cominicato a dimentichare chi l'aveva causato e a chiedermi perchè era venuto, perchè non si placava mai, perchè la serenità era diventata una piccola pausa tra un dolore e un'altro. Penso che questo cambio di prospettiva, questa domanda sia stata la chiave di tutto, è in quel momento che ho cominciato ad abitare il mio vuoto, ad accettarlo. Non mi è mai piaciuto molto il termine "accettare", per me ha sempre significato rassegnarsi, ho capito poi che il verbo "accettare" è in movimento, non ha la staticità della rassegnazione, accettare è abbracciare quello che hai intorno, rassegnarsi è come incatenarsi.

Sono nella fase adesso in cui questo vuoto non mi sembra così terribile, è ora diventato uno spazio, sto provando ad arredarlo, a capire lo stile che voglio dargli, per ora è solo pieno di luce e ha porte e finestre spalancate e so che al momento può bastare. Non so ancora precisamente cosa voglio, ma chi lo sa mai veramente? So solo che desidero andare avanti, seguirmi nel coacervo di strade e nella folla di gente che incontrerò, porto con me i libri, la scrittura e qualche ricordo perchè mi mostri sempre da dove vengo.
Non mi serve nient'altro.



martedì 10 aprile 2012

Qualcosa da scrivere. Angela Barile.




E' qualche settimana ormai che non scrivo più nulla sul blog. Ho avuto bisogno di qualche giorno di pausa per capire bene quello che volevo.
Mi sono interrogata a lungo sul significato della scrittura per me, sul peso che hanno nella mia vita le parole scritte: quelle che scrivo io e quelle che leggo nei libri.
Quando ero molto piccola, un giorno, vidi mio padre che stava leggendo un quotidiano, lo faceva muovendo leggermente le labbra: nella mia ottica di bambina mi sembrò che , attraverso quei disegni sul foglio, lui fabbricasse parole, la cosa mi colpì molto e decisi che dovevo imparare.
Non ricordo precisamente come sia avvenuto, so solo che è come se avessi saputo sempre farlo. E così, dapprima ho cominciato  a leggere le favole, poi a inventarle( me le raccontavo la sera prima di addormentarmi) infine, verso i sei o sette anni ho iniziato a scriverle.
Ci sono cose che fanno parte di te nel profondo, cose : ecco, leggere e scrivere per me da bambina è stata un'acquisizione naturale, un riaffiorare in superfice di qualcosa che in me era già presente.


Con gli anni, i libri e la scrittura sono diventati un rifugio, sono sempre stata una sognatrice, e la mia vita quotidiana certo non bastava a soddisfare le mie esigenze, così mi nutrivo di ogni tipo di romanzo e scrivevo qualsiasi genere di storia che mi sarebbe piaciuto poter vivere: le mie eroine inventate erano in grado di fare cose che io non avrei mai avuto il coraggio di vivere nella mia vita reale, inseguivano amori lontani, scappavano di casa, si perdevano nell'oblio della droga e  dell'alcool, ed erano così reali ai miei occhi che,  a volte, facevo fatica  a distinguere quei personaggi dalla me in carne ed ossa.
Con il passar del tempo la scrittura è diventata un modo per scoprirmi, per conoscere la mia parte più profonda e autentica, ho sempre scritto solo per me stessa, concretamente le cose che scrivevo non potevano interessare gli altri, anzi, erano così personali e intime che la sola idea che qualcuno potesse leggerle mi metteva in grave imbarazzo.
Poi all'improvviso la vita mi ha regalato qualcosa: il tempo, un tempo costretto all'interno di quattro mura, un tempo in cui le parole nella mia testa erano l'unica cosa a cui potevo aggrapparmi per non impazzire.
Ho cominciato così a scrivere, ho aperto questo blog, e , per la prima volta, gli altri hanno letto quello che scrivevo: spesso cose molto personali, altre volte considerazioni, recensioni dei libri che amavo di più.
Eppure a leggerle, col senno di poi, anche le mie recensioni hanno una matrice troppo intimista, anche in esse non riesco ad essere oggettiva, così più che la critica del romanzo, è l'impatto che quella storia, quella scrittura ha su di me che viene fuori.
Non so se sarò mai in grado di scrivere qualcosa che oltre che corrispondere  a me , possa anche interessare in modo compiuto gli altri, per il momento la scrittura resta il miglior mezzo che ho per esprimere me stessa, l'unico modo che conosco per comunicare con i mille personaggi che convivono e  si scontrano dentro di me, senza di essa sarei una persona disturbata  e infelice.



Ho pensato tante volte di cominciare a scrivere qualcosa che potesse, almeno in teoria, essere pubblicabile, tra i miei sogni di bambina e di adolescente c'era anche quello di diventare una scrittrice, non mi rendevo conto allora di quanto possa essere difficile scrivere per gli altri, quando si scrive per se tante cose possono darsi per scontate, non c'è bisogno di spiegare ogni passaggio, di descrivere nei dettagli quello che accade, tu sei creatrice, protagonista e pubblico.
Scrivere per gli altri presuppone un approccio diverso, che non ho mai utilizzato prima e che forse non mi viene così naturale, di conseguenza uno sforzo maggiore.
Non so se riuscirò mai a farlo, ma ci sto provando: in questi giorni di assenza dal blog ho iniziato a scrivere qualcosa di diverso, qualcosa che presupponga una pubblicazione ma soprattutto un pubblico, in alcuni paragrafi a guidarmi è la mia voce interiore, come sempre lei detta e io scrivo, ma spesso devo prendere le redini e guidarla, tradurla, perchè non si metta a parlare nella sua lingua personale: il dialetto stretto di una terra sperduta e sconosciuta ai più.
Creare dei collegamenti tra me e il mondo esterno, ecco, ora è questo che deve diventare per me la scrittura, almeno è quello che proverò a fare.

sabato 24 marzo 2012

Un indovino mi disse. Tiziano Terzani.

" Attento! Nel 1993 corri un grande rischio di morire. In quell'anno non volare. Non volare mai. "
Comincia così questo libro, dalla predizione che un indovino cinese fa a Tiziano Terzani nella primavera del 1976.
Passa il tempo, ma Tiziano non dimentica quella profezia e in quell'anno decide di non prendere aerei, pur continuando ad esercitare il suo lavoro di corrispondente. E' da questo evento non ordinario che trae origine la storia di questo viaggio eccezionale, alla scoperta di un'Asia , vista da una prospettiva nuova e lenta, fatta di tempi lunghi e di percorsi sudati, di frontiere da attraversare, di treni da prendere, di navi su cui imbarcarsi.
Con quella che ha tutta l'aria di una maledizione, Terzani riscopre il tempo lento e agognato della scoperta, in paesi che non sono semplicemente lo scalo di un'areoporto, bensì binari lunghi e malandati su cui andare, strade non asfaltate da attraversare e mari aperti da cui salpare e poter   avvistare terra.
E così, se da una parte c'è la cupa e triste constatazione di un paese che si sta sempre più occidentalizzando, dall'altra siamo ancora in grado di sentire lo spirito orientale di questi luoghi, in alcuni paesaggi, soprattutto, nei colori, nelle credenze, nelle persone.
Il filo conduttore di questa storia è il destino, di quei luoghi e di Terzani stesso, i numerosi indovini che lui consulta in questo viaggio sono spesso figure esilaranti, in qualche caso degne del massimo rispetto, persone che più che indovinare, sanno leggere l'animo umano, con l'attenzione tipica di un'Oriente ormai perduto.
Così questo viaggio diventa innanzitutto un viaggio alla scoperta di se e di una nuova dimensione umana, un modo nuovo di vivere in connessione diretta con quello che ci circonda. C'è in queste pagine il germe di una nuova consapevolezza, la profezia, con il senno di poi, diventa importante, e non tanto per la predizione in parte avveratasi davvero ( nel Marzo 1993 un aereo, carico di giornalisti precipita sul serio in Russia ), ma per il modo lungimirante e attento in cui Terzani la utilizza: non è necessario sapere se quello che dicono gli indovini si avvererà, molto probabilmente, nella maggioranza dei casi, non succederà, la parte essenziale sta proprio nella ricerca, nel viaggio personale di ogni individuo all'interno di se stesso, ed è esattamente quello che Terzani fa su questa immensa terra, piena di contraddizioni che è l'Asia: scoprire e scoprirsi al di là dei tempi e degli spazi che ci vengono imposti.

mercoledì 21 marzo 2012

Al "mio" fantasma. Angela Barile.

Inciampare nel tuo sguardo è, ancora oggi, nonostante tutto, tra le cose più ovvie e logiche che mi siano mai capitate. Avevi un senso nella mia vita, anche se chiunque direbbe, compreso te, che senso non sembra essercene stato alcuno in  questa storia.
Suona strano chiamarla storia, perchè adesso, con il senno di poi, mi rendo conto che la nostra è stata soltanto una farsa: innanzitutto la tua nei confronti di te stesso, ancora la tua nei miei confronti e infine la mia, che mentivo a me stessa, che negavo l'evidenza.
Dove sei adesso?Perso nei miei ricordi di carta o vivo in mezzo a questo presente che è solo tuo?
Sei ritornato nel limbo delle persone che non conosco o forse in quel limbo ci sei sempre stato?
La risposta è evidente ai miei e ai tuoi occhi, noi non abbiamo più bisogno di spiegazioni, io di sicuro no, di spiegazioni me ne hai date tante in questi mesi, solo che io all'inizio non le vedevo, le trasformavo man mano in quello che volevo sentire, le trasformavo nella persona che avrei voluto tu fossi.
Non sto scrivendo a te ,sai? Non riesco a pensarti come ad una persona in carne ed ossa, tu sei un fantasma, il "mio" fantasma, questo concedimelo, forse  è l'unica verità che mi porto dietro di noi due : quest'immagine irreale fatta di sabbia e vento, l'immagine di chi per me non è esistito mai.
Cosa mi lasci? Vuoi davvero saperlo? Mi restituisci il vuoto, quello che già era mio, un dolce senso di malinconia e di tristezza e, infine, mi rendi i miei sogni, gli stessi che hai tenuto per un pò tra le tue mani di vetro, gli stessi che mi avevi promesso avresti realizzato per me.
Sai cosa ho capito, mio fantasma? Che ai miei sogni ci devo pensare io, e serve tanto dolore per capirlo e tanta fatica per farlo, sto cercando di riempirlo questo immenso spazio che ho dentro con le mie sole forze e con qualche sorriso, sto creando la sola cosa che valga la pena creare: un'immagine di me più vera e profonda, un'immagine nuova che mi corrisponda davvero.
Ricorda, è questa l'unica cosa che conta.
Ti auguro di poter essere autentico, con te stesso, prima di tutto, e, con tutte le persone che incontrerai; di essere soddisfatto di quello che sei e, soprattutto, con tutto il cuore, di essere felice, nel modo in cui tu vorrai. Io da quassù continuo la mia personale lotta, tu, mi raccomando, continua la tua.

lunedì 19 marzo 2012

Le persone felici. Angela Barile.

Ci sono persone che nonostante tutto riescono ad essere felici solo perchè hanno trovato il modo di esprimere se stessi anche in una vita difficile:attraverso il lavoro, le proprie passioni o attraverso un amore; le persone felici sono sempre le più coraggiose perchè in qualche modo hanno rischiato, hanno capito che quello che conta davvero è trovare un compromesso tra la realtà che li circonda e la profonda essenza di sè, le persone felici non conoscono la parola "se", si buttano nella vita nonostante tutto, la cavalcano, nonostante la fatica e la paura, sono come quei surfisti che navigano l'onda e ci riescono solo diventando parte di essa.
 
Non bisogna invidiarle, ma ammirarle, loro hanno risposto agendo alle domande che normalmente affliggono gli esseri umani, hanno capito che la lotta per vivere davvero è l'unica possibilità che abbiamo per non lasciarci sopraffare, rimanere fermi e immobili ci rende indegni di questo grande dono che è la vita.
Noi siamo nati per essere felici, siamo stati dotati di tutto quello che ci serve: di un'anima, innanzitutto, dell'intelletto e della compassione, non ci serve nient'altro, l'unica cosa che dobbiamo fare è utilizzarli, smettere di lamentarci, di inveire contro la cattiva sorte, di provare rancore verso chi ci ha fatto del male.
Siamo noi e soltanto noi a decidere cosa possiamo essere, non controlliamo gli eventi, è vero, ma possiamo scegliere se stare con noi o contro di noi.
La scelta sembrerebbe ovvia  e naturale, eppure per qualche strano scherzo del destino, noi esseri umani non assecondiamo quasi mai la nostra natura, alziamo delle difese nei confronti degli altri e del mondo, ci convinciamo ( o ci convincono ) che quello che desideravamo da bambini non era realistico, che dobbiamo adattarci, conformarci alle esigenze della nostra famiglia, dei nostri amici, dei fidanzati, dei mariti o dei figli, finiamo così sempre per rimandare, finchè non dimentichiamo del tutto quello che avevamo sempre desiderato, siamo l'unico mammifero al mondo che tende all'autodistruzione e su di essa costruiamo un'esistenza precaria che prima o poi ci si ritorce contro.
 
Quindi muoviamoci! Non ci ucciderà inseguire i nostri sogni, è solo un'alternativa, l'unica possibilità che abbiamo per provare a essere felici e, dato che il risultato non è garantito, vi assicuro che la felicità sta nella lotta e non sulla vetta che chissà se vedremo mai.