martedì 23 settembre 2014

Una storia di amore e di tenebra. Amos Oz.



Avevo comprato questo romanzo un pò di anni fa e poi era finito abbandonato tra gli scaffali della mia libreria senza mai averlo letto, ogni volta che mi cimentavo nell'impresa non riuscivo ad andare oltre qualche pagina; come a volte mi accade, sapevo che il suo tempo per me un giorno sarebbe arrivato.
Quest'estate l'ho finalmente ritrovato con la netta sensazione che questo fosse per me e lui il momento giusto e, così è stato.

Una storia d'amore e di tenebra è una sorta di confessione, un'autobiografia del suo autore, Amos Oz, la storia della sua famiglia, della sua terra, del suo popolo. La sensazione che si ha, da queste pagine, è quella di una vera e propria catarsi, mi ha sorpreso, quasi alla fine del romanzo, leggere che l'autore, prima di questo libro, non aveva mai parlato e, comunque, mai in modo approfondito, di sua madre e di suo padre a nessuno, nemmeno a sua moglie e ai suoi figli. Il lettore stesso può notare con quale circospezione Oz si avvicini a determinati avvenimenti tragici della sua infanzia, solo a metà romanzo l'autore comincia ad accennare a quello che poi avrebbe sconvolto per sempre la sua vita e lo fa con timore, sembra quasi con una sorta di rispetto, non solo nei riguardi di chi ormai non c'è più, ma anche nei confronti del bambino che lui è stato.

E da questo bambino sono rimasta assolutamente affascinata, certo non si può dire che fosse poi così comune, dotato di una sensibilità e una maturità fuori dal consueto, naturale prodotto della famiglia dalla quale veniva e della terra e dell'epoca nella quale ha vissuto. Figlio di un uomo estremamente colto (suo padre conosceva ben 17 lingue!) e di una donna di animo sensibile e poetico, nipote di un importante professore universitario, autore di molti libri sulla lingua ebraica, Amos sembra soprattutto preoccupato di compiacere i suoi genitori e di trovare un posto consono all'interno della sua famiglia. Da queste pagine viene fuori anche la storia del suo paese, la nascita dello Stato d'Israele, la guerra che ne deriverà tra Ebrei e Palestinesi e già si può intuire quello che poi, più avanti, diventerà un convinto pacifismo, quella sua capacità di mettersi nei panni dell'altro, che non significa necessariamente dar ragione, ma piuttosto cercare di capire.
E così, se da una parte l'Amos bambino è condiscendente e preoccupato di piacere, dall'altro ben presto si arguisce una personalità assolutamente unica e ribelle che lo porterà ad allontanarsi dalla sua famiglia, arrivando persino a cambiare il cognome in Oz che in ebraico significa forza.

Questo libro, lo capiamo soprattutto alla fine, è quasi un modo per far pace con il suo passato, per ricongiungersi alla sua vita di un tempo, a quelli che l'hanno abitata, un modo per riconoscersi e accettare tutto quello che è stato, per far rivivere con le sue parole ciò che faceva parte di un tempo lontano e che ora non c'è più. Lui stesso scrive nelle prime pagine del libro " e in fondo, questo strano impulso che avevo da bambino-il desiderio cioè di offrire una nuova opportunità a ciò che non esisteva più nè mai più avrebbe avuto un'opportunità- è ancora fra le cose che mi muovono la mano, ogni volta che mi accingo a scrivere una storia."

E' per questo che Oz ha scritto la sua.