mercoledì 9 novembre 2011

L'Italia s'è desta? Avrei i miei dubbi. Angela Barile.

Ecco l'Italia, mi verrebbe da dire oggi. Eccolo questo paese allo sbando, che spera in una ripresa, un paese che gioisce oggi per un evento secondo me auspicabile, ma che le persone intelligenti sanno non essere la soluzione dei problemi di casa nostra.

Sembra proprio che Silvio Berlusconi tra qualche giorno rassegnerà le dimissioni da Presidente del Consiglio, col giubilo della maggioranza degli Italiani, almeno così sembra.

Berlusconi, a parer mio, è un uomo di pessima moralità, un'arrivista, un calcolatore, una vera e propria vergogna essere rappresentati da lui nel mondo, ma credo anche che non sia lui la causa dei problemi dell'Italia, egli ha solo peggiorato visivamente e concretamente, una situazione preesistente a dir poco disastrosa. Non credo che con la sua uscita di scena il paese si risolleverà, "onestamente", e sottolineo questa parola perchè nel contesto assume valore fondamentale, nessun uomo nel panorama politico italiano, potrebbe risollevarci; chi ci rappresenta è lo specchio di quello che siamo e chi ha permesso a Berlusconi di governare per circa 20 anni è l'italiano medio, che nonostante la disfatta berlusconiana continua ad esistere.
Ricredersi sulla propria scelta politica quasi mai significa diventare migliore, l'essenza rimane; semplicemente nel momento in cui il tornaconto sperato non arriva, si critica quello che un tempo si riteneva giusto.
E direi che gli Italiani sono specializzati nel voltagabbana, la storia di questo paese ce lo insegna: non starò qui a dilungarmi sui numerosi esempi che potrei fare a proposito, ma sono sicura che molti di voi penseranno a come "gli ex fascisti" si scagliarono sui corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci, ormai cadaveri, o a come, per necessità, il popolo italiano si adeguasse alle varie dominazioni straniere: francesi, austriaci o spagnoli che fossero.
I secoli non sono riusciti a cambiarci, e probabilmente non ci cambieranno mai, il presente ce lo dimostra ogni giorno di più. Chi oggi gioisce per le imminenti dimissioni berlusconiane è un voltagabbana o un'ingenuo, non c'è da essere troppo felici, anche se, personalmente credo che essere governati ancora da lui, sarebbe stato, a dir poco controproducente per questo paese, che ha già una credibilità pari a zero a livello mondiale.
Io personalmente mi accontenterei di un presidente senza scheletri nell'armadio, senza procedimenti giudiziari in sospeso, qualcuno senza legami di connivenza con la mafia o la camorra, un uomo onesto, che onestamente faccia il suo lavoro.

 Ma sinceramente, e nel modo più imparziale possibile, credete davvero che esista un uomo così in questo paese?

martedì 25 ottobre 2011

In mezzo alle nuvole. Angela Barile.

A cosa somiglia questo cielo plumbeo?Notoriamente verrebbe da associarlo a qualcosa di triste, ma per me  non è così oggi: semplicemente queste nuvole grigie coprono momentaneamente un cielo meravigliosamente blu, sono passeggere ecco, fra qualche ora, al massimo fra qualche giorno scompariranno, mentre il cielo, bè, quello non scomparirà mai, sarà ben visibile in alcuni giorni, meno in altri, coperto da nuvole,avvolto da nebbie, bagnato dalla pioggia o gelido di neve, ci sovrasterà sempre messo lì in alto, tanto più in alto di noi.

Da bambina mi aveva sempre affascinato il mito di Atlante, questo gigante buono che con le sue braccia possenti sosteneva il cielo, a volte lo immaginavo, in un posto imprecisato sulla terra, a tenere insieme tutta questa immensità, con fatica e dedizione, eppure chissà quanta gioia doveva dargli la possibilità di essere così vicino alla volta celeste, sebbene a volte il suo corpo fosse circondato da nuvole, foschie e sebbene lassù certi giorni facesse davvero freddo.

La vicinanza al cielo ci sorprende sempre, anche chi è abituato a prendere spesso l'aereo resta sempre soggiogato da tanta immensità, perchè a volte ci si può camminare dentro a questo cielo e sentirsi al sicuro nonostante le nuvole e nonostante la nebbia, vedere il sole che illumina e abbaglia, guardarlo sorgere o tramontare con la consapevolezza che ritornerà e andrà via ancora ma non scomparirà mai.

Tutto è mutevole nella nostra vita, tutto passa e tutto torna, tranne il cielo e il sole, essi sono solo coperti anche nelle tempeste peggiori, anche nelle notti più nere, dobbiamo solo cercare di non abituare i nostri occhi all'oscurità, per avere il coraggio poi di osservare bene tutto quel blu e tutta quella luce, essere come Atlante che continua a goderne nonostante certi giorni ci sia davvero troppa foschia.

sabato 8 ottobre 2011

La vita immaginata. Angela Barile.

" La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla."  G.G.M.





Se provo a guardarmi indietro dopo tanto tempo quello che mi appare è sempre sfuggevole e lontano come se la persona che abita i miei ricordi fosse uno strano essere a metà tra qualcosa che ho già conosciuto e qualcuno che non conosco ancora. Se provo adesso a ricordare quello che è già stato le immagini sembrano rincorrersi e sovrapporsi l'una all'altra così che è quasi impossibile distinguere la cronologia degli eventi, come se il loro tempo fosse sempre il presente, come se la persona che oggi sono fosse insieme quella che sono stata e quella che sarò.

Provo a mettere ordine in questo turbinio di sensazioni e la prima immagine che riesco a recuperare sono le verdi montagne di un paesino arroccato ai piedi di un castello, il castello in realtà è solo un rudere ma nei miei ricordi di bambina è proprio come quello delle favole, maestoso e magico, circondato da draghi che proteggono i suoi abitanti; la nebbia avvolge il panorama che si vede dall'alto, ma nei giorni di sole lo spettacolo è incantevole, quasi al di fuori del tempo e dello spazio.
Quando ero piccola mi arrampicavo su lungo un sentiero scavato nella montagna e mi sembrava di essere una coraggiosa avventuriera, come i cavalieri e le dame dei libri che leggevo.

Ci sono tornata da poco, questa volta in macchina, e nonostante l'evidente degrado del tempo che passa e dell'incuria, i miei occhi l'hanno visto ancora una volta come era allora, solido e imponente. Dalla terrazza si vedeva l'immensa distesa di verde e si distinguevano le strade e le case del paesino, intorno l'immensa pianura che d'inverno si riempie d'acqua e si trasforma in un lago.
Tutta questa magia mi ha commossa, era come se in qualche modo la mia vita reale e quella immaginaria avessero trovato un compromesso e tutto era successo lì davanti ai miei occhi, le montagne, le mura del castello, le casette in lontananza erano reali come non mai, la dimostrazione che quella bambina che mi porto dentro è esistita davvero e non è solo il frutto dei miei ricordi malati. In quel momento è come se io, quella che sono io oggi intendo, avessi colonizzato quel luogo che avevo dentro, come se lo avessi riconosciuto nella realtà e non solo nella mia immaginazione.

Per alcuni è molto difficile distinguere gli avvenimenti reali da quelli solo sognati o immaginati, esistono persone che per motivi diversi tendono a costruirsi una specie di mondo parallelo; non parlo di persone affette da disturbi psichici, ma di gente assolutamente sana, che trova nella propria fantasia un rifugio sicuro, rifugio che non è in grado di vedere nella vita reale; per queste persone i ricordi spesso si sovrappongono l'uno all'altro, quelli reali si mescolano con quelli immaginari così tanto da diventare una sola cosa, tanto da non riuscire a distinguerli: la vita non è per loro una somma cronologica di eventi con relative emozioni, è piuttosto il modo in cui quegli eventi si ricordano, come la mente li ha elaborati perchè corrispondessero veramente alla persona a cui appartengono.

Ecco io sono una di questi irriducibili sognatori, ho passato una vita a vergognarmi della mia incapacità di distinguere la realtà dall'immaginazione, mi sono spesso rimproverata del modo in cui ho trasformato il mio passato così tanto che tutti gli eventi che ricordo sono per metà veri e per metà immaginari, così tanto da non riuscire a ricordare quale è la versione più vicina alla verità. E poi eccomi davanti a questo paesaggio, i seni verdi delle montagne , i ruderi di questo castello sono lì a testimoniare la realtà di quei luoghi; persino l'incuria del tempo in qualche modo dimostra che essi sono più veri di qualsiasi mio sogno, nella mia mente continuano a vivere draghi e principesse e potrei inventare tutte le vite del mondo in quel castello e non potrebbero essere meno vere del castello stesso perchè sono vere nella mia mente.

Oggi so che la mia immaginazione non è una maledizione ma un dono che devo preservare, so che tutto quello che è accaduto è accaduto perchè io potessi allenarmi a sognare, a costruire, a restaurare castelli e a riempirli di infiniti personaggi, continuando, nonostante tutto, a vivere la mia vita in questo mondo, ricordarla a modo mio eppure viverla per davvero.


venerdì 5 agosto 2011

Le cose che salvo. Angela Barile.

Chiudo gli occhi in questa notte calda che risuona di parole e di gemiti lontani, resto a  guardare questo vuoto che somiglia sempre di più ad uno spazio da riempire e penso a cosa vorrei portarmi dietro in questa specie di trasloco.

Tra le cose che salvo c'è la mia nipotina, il suo sorriso magico che lava tutti i dolori, il suo corpicino minuscolo tenuto tra le braccia in una notte di Natale, l'amore incondizionato che sprigiona da ogni parte del suo corpo.

Tra le cose che salvo c'è questa città che  a volte sa essere dura e indifferente, ma che t'incanta con tutta la sua antica bellezza, che lascia che la tua vita scorra così come scorre il fiume che la attraversa; questa città fatta di comici e di " C " strascicate, di turisti accalcati che la ricoprono tutta, di battute in sordina taglienti e bislacche.

Tra le cose che salvo ci sono le mie amiche, le parole che ti dicono quando stai male, le stesse che dirai tu a loro, la  forza nel restarmi accanto quando non sapevo nemmeno più chi ero, la pazienza di sopravvivere insieme in mezzo a tutte le cose che non capiamo, a tutte le volte che abbiamo preferito non ricordare chi eravamo....perchè spegnersi, di tanto in tanto è l'unica soluzione

Tra le cose che salvo ci sono i miei libri, le loro parole, che mi hanno  guarita da  molte ferite, gli infiniti personaggi che ho sentito attraversarmi la pelle, l'odore delle pagine, diverso a seconda del tipo di carta e di stampa, le lacrime  e i sorrisi che mi hanno strappato nelle mie notti senza sonno.

La musica, tutta. E certe canzoni scoperte per caso tra i cappelli del mio negozio, quelle allegre e soprattutto quelle tristi, perchè in certi momenti non ho avuto la forza per essere felice e la tristezza di alcune note e di alcune parole era l'unica cosa che riuscissi a sopportare.

Tra le cose che salvo ci sono tutte le mie nuove consapevolezze. A differenza di tutto il resto, queste non sono state un dono ma una conquista, vengono dal dolore, dall'indifferenza, dai silenzi, dalle bugie, da tutte le cose che non salverei mai di quest'anno, un parodosso vero?

E poi c'è la mia famiglia, che ha saputo soccorrere in silenzio la figlia più complicata che si potesse avere.

martedì 26 luglio 2011

Stralcio di giudizio personalissimo e molto poco tecnico su questo paese. Angela Barile

E' quasi tempo di ferie,e, come sempre, tempo di bilanci. Non certo della mia vita privata, per quello ho avuto a disposizione un anno di post e di canzoni con tanto di commenti, direi che non vi ho nascosto (quasi ) nulla.

Piuttosto mi piacerebbe, una volta tanto, parlare di quello che accade intorno a noi, piuttosto che dentro.
I Maya hanno previsto la fine del mondo nel 2012: non credo che questo avverrà secondo il senso che noi diamo alla fine del mondo, penso, però che quello che sta accadendo è quanto di più drammatico potesse capitarci.

Io ho 33 anni, appartengo a quella generazione di persone, figlia di uomini e donne nati dopo la seconda guerra mondiale, cresciuti in un'epoca di risveglio culturale e di apparente benessere, genitori che erano giovani nel '68, madri che appartengono a quella generazione di donne, che per prime, ha scoperto le gambe, padri ,svestiti ormai del ruolo di padroni.
I nostri genitori ci hanno insegnato a sognare, perchè quando eravamo piccoli, negli anni '80, tutto sembrava possibile: io, come tanti altri, ero sicura che avrei fatto tutto quello che avessi desiderato.

Ed eccoci adesso noi, giovani disillusi, eccoci con le nostre pene e le nostre rinunce, eccoci governati da un uomo che dà più l'idea di un "magnaccia" d'alto bordo che di un presidente del consiglio, un uomo che quei genitori e quei figli hanno votato con più o meno coscienza, un uomo, che, nonostante i vari scandali e i voti sfavorevoli, anche quest'anno ci governa.

Dopotutto ho sempre pensato che Silvio Berlusconi fosse lo specchio di questo paese, solo in questo ultimo anno, probabilmente, ha cominciato a fare capolino l'idea che quest'uomo, in realtà, poco ci rappresenta.

 Amo l'Italia, ogni volta in cui mi sono trovata davanti alla scelta di lasciarla, mi sono tirata indietro, nonostante tutto non riesco a pensare di vivere in un posto diverso; eppure ho poca fiducia in questo paese in cui il miglior passatempo è annullarsi davanti al televisore a guardare i vari Misseri e Parolisi, a sognare guardando "un tronista" che scieglie una corteggiatrice, a seguire un gruppo di ragazzi, definiti "tamarri" che parlando di Piazza della Signoria, mentre erano in viaggio a Firenze, hanno commentato : "bella piazza, piena di uomini nudi..." riferendosi alle statue della Loggia e alla copia del David davanti a Palazzo Vecchio.

Ecco, questo è più o meno il riassunto dell'anno televivo italiano, è quello a cui la maggiornaza degli abitanti del mio paese si interessa, a volte in modo assolutamente malato: vorrei ricordare, che lo scorso autunno, durante le indagini per l'omicidio di Sara Scazzi, molte persone, provenienti da tutto il sud Italia, facevano una sorta di pellegrinaggio verso la casa dell'assassino, senza nemmeno pensare di andare a pregare sulla tomba della povera Sara.

Non mi voglio avventurare in disquisizioni sociologiche a riguardo, non sarei in grado e non mi sembra nemmeno il caso, riporto semplicemente questi avvenimenti perchè, dopo tutto fanno parte del bilancio di quest'anno, anche se, personalmente, ad incuriosirmi di più è l'interesse mediatico che hanno avuto.

Qualcuno potrebbe pensare che, evidentemente, nessun altro caso eclatante accadeva nel nostro paese,e che la gente per distrarsi utilizzasse questi eventi: vorrei ricordare che questo è stato l'anno di numerosi scandali politici, e non mi riferisco solo al nostro Presidente del consiglio che " si trastullava " con le minorenni, ma ad una situazione molto più complessa, sfociata, in Italia, con i referendum del 12 giugno.
Credevo io, e a crederlo erano in molti, che questi referendum potessero avere un significato ben più profondo rispetto alle questioni che ponevano, credevo che quel Si urlato ai quattro quesiti fosse un vero e proprio urlo di indignazione per la direzione che il nostro paese stava prendendo, e, in effetti, è stato sicuramente così, peccato che qualcuno abbia finto che niente sia mai successo, sorvolando sull'accaduto e continuando a fare i propri porci comodi (ogni riferimento non è puramente casuale!).

Pochi giorni prima di questo referendum c'erano state le elzioni per alcuni comuni e province, tra i comuni interessati spiccavano Milano e Napoli: ora che a Napoli abbia vinto De Magistris, rappresentante di un partito di sinistra, potrebbe anche essere piuttosto logico, non solo perchè il governo precedente della città era già di sinistra, ma anche perchè l'altro candidato a sindaco, Lettieri, era in pratica, un prestanome della camorra, e non credo ci fossero molti dubbi su chi avrebbe vinto; il dato importante, a mio parere, è stato Milano, storico forte del Berlusconismo, dove Pisapia ha battuto la Moratti, facendo perdere al Pdl una delle più importanti città italiane.
Anche questo evento, a parte i giorni a ridosso delle elezioni, ha avuto poca eco nelle reti televisive, se non in programmi specializzati, satirici e non e sul web.

A tutto questo è stata preferita la saga di Parolisi, presunto colpevole dell'omicidio di sua moglie.


Altro evento degli ultimi giorni è la strage norvegese, ad opera di un tale Anders Breivik, trentaduenne, che ha sparato e ucciso più di novanta persone ad un raduno di giovani laburisti sull'isola di Utoya, all'inizio si era pensato al terrorismo islamico, e , di sicuro questa pista avrebbe " tranquillizzato ", molti, si sa " gli arabi sono strani "; il fatto invece che a compiere un massacro del genere sia stato un ragazzo, "un occidentale" come tanti ha creato ancora più sgomento e panico, anche se, di sicuro, per le famiglie delle vittime non ha cambiato l'elemento significante: la morte di un proprio caro.
Chiaramente si è fatto subito sentire il cordoglio dei vari Stati, tra cui anche quello dell'Italia: vorrei evidenziare qui due opinioni, che danno i brividi quasi quanto la strage in se per se: Feltri nel suo editoriale si chiede  come sia possibile che  i 500 giovani presenti sull’isola di Utoya non siano riusciti a fermare la carneficina. Potevano lanciarsi sull’attentatore cosicché “alcuni di sicuro sarebbero stati abbattuti ma non tutti”. Insomma, secondo Feltri, il problema è che ciascuno ha pensato “a salvare se stesso illudendosi di spuntarla”.
L'altra è invece un' affermazione di Borghezio, leghista e parlamentare europeo, che afferma che, dopotutto le idee che hanno ispirato questo gesto sono assolutamente valide, è solo il risultato a non esserlo.

Ho riportato questo evento e queste opinioni di un giornalista e un politico italiano, non perchè rappresentino l'idea del paese, anzi, se mai per evidenziare quanta distanza ci sia al momento tra gli italiani e la nostra classe politica, per evidenziare quanto la solita dicotomia comunisti e fascisti sia ormai obsoleta in questo paese, si tratta tutt'al più di coscienza: alcune persone ne sono completamente sprovviste.

Mi scuso per la mia imprecisione, non sono abituata a parlare di queste cose, la mia è solo un'opinione assolutamente personale e non condivisibile.

Buone ferie a tutti.

venerdì 17 giugno 2011

Che tu per me sia il coltello. David Grossman.





                                       


"  Amore è il fatto che tu sei per me il coltello con cui frugo dentro me stesso. "

Franz Kafka.





Yair "riconosce" Myriam in un gruppo di persone. Qualcosa in lei lo colpisce, uno sguardo, un impercettibile gesto delle spalle che si raggomitolano in uno scialle. Lui non la conosce, lei non conosce lui, eppure in quel momento accade qualcosa: Yair sente che davanti a questa donna lui può spogliarsi, può essere se stesso in tutta la sua unicità e grettezza e decide di incominciare con lei un rapporto epistolare, i due non dovranno mai incontrarsi, nè telefonarsi: è aprile e le loro lettere cesseranno quando ritornerà la pioggia, solo allora " la ghigliottina " si abbatterà su di loro.

Un romanzo fatto di parole questo, parole che si rincorrono, scavano, penetrano, che si insinuano nelle pieghe delle pagine, parole che rivelano colpe e dolori profondi, che spogliano, che mostrano la nudità assoluta e totale, senza maschere, senza orpelli che possano abbellirla. Ogni volta che nel libro si descrive un corpo nudo, e succede spesso, si capisce che è l'anima a spogliarsi insieme al corpo in un ultimo atto di resa, in un liberatorio grido d'aiuto.

Nella prima parte ci sono le lettere di Yair,contraddittorie, dolci e passionali, in certi tratti; aggressive e arrabbiate in altri. E' un uomo che scava Yair, un uomo che si racconta spudoratamente, che vive di sensi di colpa e che, attraverso Myriam si confessa, si perdona. Entrambi percorrono, l'uno attraverso l'altro, un cammino di conoscenza e di dolore, che li porterà a confrontarsi, alla fine, con le loro paure più ataviche.

La parte dedicata a Myriam è più breve e più fluida. Anche lei, come Yair, è un fiume in piena, anche lei racconta e spoglia se stessa, si barcamena in qualche modo in mezzo a tutte queste parole, si lascia andare, si abbandona, si ritrae arrabbiata, in attesa della pioggia che desidera e teme allo stesso tempo, il momento del distacco la atterrisce eppure sa che è inevitabile.

Non è solo una storia d'amore questa, anzi non rispecchia per niente i clichè convenzionali di una storia d'amore, è bisogno di essere, di mostrarsi a se stessi, attraverso qualcun altro, senza remore, per come si è realmente, è una corsa incessante alla ricerca dell' essenza perduta, che spesso non siamo in grado di vedere in noi se non attraverso un altro.


mercoledì 8 giugno 2011

Una vita. Angela Barile

Si era accorta di essere incinta quando ormai era troppo tardi. Aveva quarant'anni e davvero non ci pensava più ad un figlio, l'aveva molto desiderato in passato, ma poi lo aveva accantonato e rinchiuso nei cassetti dei sogni che non aveva potuto realizzare.
Una donna ormai quasi alla fine della sua età fertile, sola, perchè dopo tutto lo era, senza un uomo che condividesse con lei nulla se non, occasionalmente, il suo corpo, come poteva una donna così aspettare un figlio, e per giunta non accorgersene per tre mesi? Forse certe cose semplicemente accadono perchè in fondo noi, in qualche modo, le desideriamo, forse lo stress e i dolori di questi ultimi mesi non erano la sola spiegazione a questa sbadataggine, forse una parte profonda di sè lo voleva quel bambino, forse....

Amanda ripensò per un attimo a Luca, a tutte quelle parole e quelle promesse che l'avevano spaventata così tanto, ripensò a quegli occhi pieni di entusiasmo, gli occhi di chi sa sognare ancora, più che le parole, più che le promesse, forse era tutta quella vita che c'era dentro che l'aveva fatta innamorare. Anche lei era così una volta, anche lei era così a vent'anni, poi i giorni, le settimane, i mesi, erano passati e si erano portati via un pò della luce e della magia che aveva dentro, arida si sentiva adesso, o almeno così si era sentita fino a quando aveva conosciuto lui.

Ci si può innamorare di una voce? Dopo tutto all'inizio Luca era solo quello, un'insieme di vocali e consonanti sussurate per telefono, una voce così concreta da essere più presente di tanti corpi che avevano dormito al suo fianco. Una voce all'inizio era tutto quello che aveva, e la desiserava così tanto ancora, era la cosa che più le mancava di lui, il corpo a stento lo ricordava, perso tra le tante cose della sua vita che aveva dovuto cancellare, ma quella voce proprio non riusciva a dimenticarla, all'inizio la assaliva come una vera e propria allucinazione uditiva, nei momenti più impensabili della giornata, ma soprattutto di notte, così forte che le impediva di lavorare, di dormire; poi dopo un pò aveva cominciato ad ascoltarla, non le sfuggiva più.
Una volta Amanda aveva letto da qualche parte che più fuggi dalle cose più esse ti perseguiteranno: ecco, si era semplicemente fermata ad ascoltare.

Non era impazzita come pensava le sarebbe accaduto, aveva sofferto questo si, ma continuava a sentirsi viva come se avesse ancora lui al suo fianco, del bambino ancora non sapeva nulla, eppure forse quella pace, quella vita avrebbe dovuto insospettirla, invece no, per un pò di tempo ancora aveva voluto illudersi di essere sempre la stessa fino a quella mattina quando, guardando il calendario, si era improvvisamente accorta di non avere il ciclo da mesi, in quello stesso istante si era portata le mani al ventre, era corsa davanti allo specchio e aveva cominciato a piangere.

Ad un certo punto Luca aveva smesso di essere solo una voce, anche se per lei in fondo lo sarebbe stato per sempre. Si erano incontrati e lei, per la prima volta, non l'aveva più visto come un ragazzino, all'improvviso le era sembrato un uomo, il suo uomo, come nessuno le era sembrato mai; avevano passato insieme una settimana intera, avevano fatto l'amore mangiato riso bevuto parlato, quanto avevano parlato! Quella voce, quel corpo, erano stati una cosa sola in quella settimana e l'avevano invasa consolata compresa coccolata, non si era mai sentita così Amanda, non era mai stata così completa prima.
In quei giorni non era possibile capire quale fosse l'inizio e la fine di un corpo, quale mente fosse la sua e quale quella di lui, non c'era separazione, non esisteva nient'altro se non loro due insieme.

Come non ci si può confondere davanti a tutto questo? Come non si può avere paura?
Amanda sapeva che non era quello che sembrava, e non per l'enorme differenza d'età, non per la lontananza, ma perchè qualcosa dentro di lei le diceva che non era possibile, che doveva stare in guardia, ma lei era troppo soggiogata da questa passione per resisterle, per opporsi, aveva lasciato che scivolasse dentro di sè, che si insinuasse ancora tra le cellule del suo corpo, come linfa l'aveva lasciata germogliare, e quando il primo campanello d'allarme aveva cominciato a suonare, ormai era troppo tardi, lei era già mescolata a lui, irrimediabilmente.

Poi Luca era ripartito, ed ecco di nuovo quella voce a farle compagnia attraverso il filo di un telefono: mi manchi ti voglio rivediamoci toccami baciami. Gli incontri erano sempre più frequenti, i treni li univano e separavano veloci su quei binari che tagliavano in due l' Italia e che tagliavano in due un pò di loro.
Non aveva mai sentito in quei mesi la propria individualità, nè quella di lui, si erano mescolati, e anche quando erano separati lei continuava a sentirlo in ogni parte del suo corpo: allora aveva pensato che quello fosse l'amore.

Ma serve sempre il dolore per capire, gli esseri umani capiscono solo soffrendo,e dando a quel dolore un senso.
Quando Luca aveva cominciato a distaccarsi, quando gli incontri tra i due erano stati sempre meno frequenti e le telefonate sempre più brevi e fredde, per Amanda era già troppo tardi, questa volta non solo non aveva avuto la forza di preservarsi dal dolore, ma aveva messo così tanto di se stessa in questa storia e preso così tanto da lui  che la possibilità di non soffrire non era nemmeno contemplata, anzi, era l'unica strada possibile.

L'ultima notte che avevano passato insieme era stata un grido disperato, un terremoto vero e prorio, l'illusione che potesse non essere l'ultima non l'aveva nemmeno sfiorata, ogni gesto, ogni odore, ogni battito di ciglia, era fotografato nel " per sempre " eppure non sarebbe stato più. Amanda ne era consapevole, Luca no: a vent'anni non riesci a pensare alle ultime volte, tutto si vive nel momento in cui accade, il futuro è un'alveare pieno di possibilità, la vita è troppo lunga per pensare che una cosa non succederà mai più.

Ed ora eccola Amanda con tutto quel futuro dentro, eccola la donna disillusa con il suo sogno in grembo, non riusciva a smettere di guardarsi la pancia, non riusciva a smettere di accarezzarla, dentro di lei c'era tutto quello che aveva sempre desiderato, c'era la vita che scalpitava e che per troppo tempo lei aveva soffocato, quello che sarebbe stato non aveva importanza, quello che era stato finalmente aveva un senso: tutte le lacrime, le lunghe attese, gli uomini sbagliati, tutto l'aveva portata lì davanti a quello specchio con quello che forse all'inizio non era un grande amore, ma che lo era diventato nel preciso istante in cui lei lo aveva riconosciuto.

giovedì 12 maggio 2011

Il coraggio di cambiare.Angela Barile.

"Incontrare qualcuno che faccia per te tutto quello che tu hai sempre fatto per gli altri."

Queste parole erano come un tarlo nella sua mente, scavavano nel profondo mentre Amanda cercava di darle il giusto significato, le cose male interpretate potevano essere molto dolorose e lei l'aveva capito in questi ultimi mesi, aveva capito che le cose che non dici e le cose che gli altri dicono possono cambiare l'intero corso della tua esistenza, in modo irreparabile a volte.

E così adesso cercava di guardare tutto con questi nuovi occhi che aveva e tutto le sembrava enormemente diverso come se fin'ora avesse visto la sua vita da una prospettiva limitata mentre ora si ritrovava a guardarla dall'alto: ripensava ad una bambina scontrosa, a una ragazzina ribelle, ad una donna indipendente e forte e vedeva soltanto una bambina che soffriva, un' adolescente che gridava quel dolore, una donna che fingeva di non averlo mai provato perchè fingere era la cosa che aveva imparato meglio in tutti questi anni, perchè fingere era per lei l'unico modo per fuggire da tutto quel dolore.

In questa nuova luce aveva imparato a vedere anche lui diversamente, aveva capito perchè, nonostante il buon senso, lui era così difficile da dimenticare, non gli dava più colpe, non ne dava neppure a se stessa ormai, non c'erano peccati da espiare, non c'erano errori, anzi, era stato tutto come doveva essere: loro si erano trovati perchè lei potesse capire, non sapeva se per lui era stata la stessa cosa, non sapeva se anche lui aveva imparato qualcosa e probabilmente non avrebbe dovuto essere importante questo aspetto per lei, anche se purtroppo lo era. Di una cosa però era certa, che tutto questo dolore era servito a qualcosa, che quei pochi giorni passati insieme, quelle lunghe telefonate erano bastate, non serviva altro perchè se fosse servito sarebbe stato, niente in questa vita accade per caso.

Dire addio a lui significava in qualche modo dire addio alla vecchia Amanda, quella che si prendeva cura degli altri, quella che scavava nell'animo delle persone per trovare qualcosa di bello, di interessante, qualcosa che magari nessuno vedeva.

Possono cambiare le persone? Certo che possono, ora sapeva che era possibile, ma cambiare richiede un grande sforzo, cambiare è molto doloroso, ecco perchè la maggiornza degli esseri umani rimane sempre uguale, ecco perchè cambiare fa sempre così tanta paura, è più rassicurante rimanere quello che si è, ci vuole meno fatica, meno tempo, ma molto, tantissimo dolore.

martedì 29 marzo 2011

Di sole e di pioggia. Angela Barile.

"...poi non è che la vita vada come tu te la immagini.
Fa la sua strada. E tu la tua. E non sono la stessa strada.
Così...Io non è che volevo essere felice, questo no.
Volevo...Salvarmi, ecco: salvarmi.
Ma ho capito tardi da che parte bisognava andare: dalla parte dei desideri.
Uno si aspetta che siano altre cose a salvare la gente: il dovere, l'onestà, essere buoni, essere giusti.
No. Sono i desideri che salvano.
Sono l'unica cosa vera. Tu stai con loro, e ti salverai.
Però troppo tardi l'ho capito.
Se le dai tempo, alla vita, lei si rigira in un modo strano, inesorabile: e tu ti accorgi che a quel punto non puoi desiderare qualcosa senza farti del male.
E' lì che salta tutto, non c'è verso di scappare, più ti agiti, più si ingarbuglia la rete, più ti ribelli più ti ferisci.
Non se ne esce.
Quando era troppo tardi, io ho iniziato a desiderare.
Con tutta la forza che avevo. Mi sono fatta tanto di quel male che tu non te lo puoi nemmeno immaginare..."

Oceano mare ( Alessandro Baricco)




Ti guardo dormire in questa notte che sembra non finire mai, hai la faccia tranquilla di un bambino che sta sognando, quanti mondi diversi ci sono tra me e te!
Guardo le tue labbra un pò dischiuse, le tue palpebre chiuse e immobili...
La mia è una notte di paura e di rabbia: paura per quello che succederà, rabbia perchè non riesco a viverti per quello che sei, un attimo intenso e inaspettato, un momento solo mio e tuo.

Ti copri parzialmente il viso con un lembo del cuscino, arricci le labbra in una smorfia rilassata, sei così vicino a me stanotte eppure ti sento lontano, molto più lontano di quando sei stato lontano per davvero, o forse, molto probabilmente, sono io a non esserci, tu sei con me e penso a quando non ci sarai più, che cosa sciocca sa essere a volte la mente umana!

Ti ho desiderato tanto nei nostri giorni e nelle nostre notti lontane, a volte mi mancava il fiato al sol pensiero del tuo corpo che si muoveva da qualche parte, improvvisamente ti sentivo accanto come se davvero ci fossi, ed ora che siamo insieme in questa città piovosa, ora che tu sei qui accanto a me, con il tuo respiro che si confonde col mio, in questa notte disperata, ora è più forte la paura del desiderio.

Fuori piove, il rumore della pioggia interrompe questa notte silenziosa, tu allunghi una mano e io avrei voglia di accarezzarla, ma mi trattengo, non voglio svegliarti, voglio che questa notte non finisca mai.
 Ridevi sempre di me quando ti dicevo - ti prego non farmi addormentare- non mi capivi...e come avresti potuto?
Ho vissuto ogni attimo che passavamo insieme con la paura che un altro non ce ne sarebbe stato, ogni momento di non coscienza per me era un momento sprecato, un momento che toglievamo a quello che forse poteva essere l'ultimo.

Ed ora eccoti accanto a me, fuori credo cominci già ad albeggiare, ha smesso di piovere, un raggio di sole filtra dalle persiane e illumina leggermente la stanza, tu ti muovi ancora addormentato, e proprio in quel momento mi tornano alla mente alcune frasi di un libro che ho letto un pò di tempo fa:

" Se le dai tempo, alla vita, lei si rigira in modo strano, inesorabile, e tu ti accorgi, che a quel punto non puoi desiderare qualcosa senza farti del male. E' lì che salta tutto, non c'è verso di scappare, più ti agiti, più si ingarbuglia la rete, più ti ribelli, più ti ferisci. "

Queste parole mi svegliano da una notte di non sonno, mi risuonano nella mente come se una parte dentro di me avesse risposto a tutte le domande di queste ultime settimane, eccole che si insinuano nelle cellule del mio corpo pian piano come un orgasmo lungo e leggero, alleggeriscono i piedi, le gambe, i fianchi, lo stomaco, fino a d arrivare al cuore, fino a sentire che tutto è più leggero, che fuori ora c'è il sole.

MI avvicino lentamente a te, e ti sveglio.

Il mio tempo. Angela Barile.

Elena si era chiesta spesso quanto tempo era passato da quel giorno. Certo che sapeva contare i giorni, le settimane, i mesi, ma non era al tempo cronologico a cui Elena alludeva: c'è un tempo che non ha niente a che fare con le ore e i minuti, c'è un tempo che tu solo riesci a riconoscere, qualcosa che scorre nelle tue vene, silenzioso e impetuoso, a volte come un uragano, a volte come un esile ruscello, è quello il tempo che ti guida nelle tue scelte, è quello il tempo che ti soccorre o ti devasta nel giro di un attimo.

Elena l'aveva sentito arrestarsi, accelerare, decelerare, aveva visto un attimo trasformarsi in un anno, ore diventare dei secondi in corsa, si era bagnata con l'uragano, rinfrescata nell'esile ruscello, eppure quel tempo Elena non riusciva a calcolarlo, nè il tempo della gioia, nè quello del dolore.

E' strano come dopo un pò i fatti non contino più tanto, contano nel tempo cronologico, non certo nel tempo del tuo cuore, lì abitano solo le emozioni e sono loro a trasformare i tuoi ricordi, a farti dubitare che certe cose siano successe oppure no.

Per Elena il suo tempo era stato lunghissimo e infinitamente lento, l'aveva sentito scorrere nelle vene come fosse stato piombo, il tempo del dolore è sempre terribilmente pesante, è pieno di dossi faticosi da attraversare, di strade scivolose e gelide come ghiaccio, di laghi infuocati come la lava di un vulcano.
In questo tempo non esisteva Lui, il suo uomo, ma solo quello che aveva provato, solo certe parole dette nei fremiti della passione, quelle taciute nei silenzi dopo l'amore, esisteva una città rumorosa e un paesino in collina, il ticchettio della pioggia e il sole accecante dell'estate e infine, tanto tanto silenzio come se niente di ciò fosse mai stato.

Elena era lì a cercare di vivere come se niente di importante fosse accaduto perchè quello che ricordava o credeva di ricordare, dopo tutto, era importante solo per lei.
Quanto conta che quello che è stato sia riconusciuto anche dagli altri? Per lei contava, per lei la condivisione, la comprensione sarebbero valse a qualcosa,nella solitudine continuava solo a sentirsi pazza, o forse lo era, magari solo in quel tempo magico, quel tempo solo suo, che segretamente scorreva come linfa nel suo corpo.

I bambini la chiamavano dall'altra stanza, li sentiva litigare e sentiva Matteo, il più piccolo, frignare con insistenza. Eccolo il tempo cronologico che la chiamava, in quel tempo Elena smetteva di essere una donna  innamorata, e ritornava ad essere solo una madre, era in quel tempo che Elena si rifugiava per rimanere coi piedi per terra, il tempo di chi combatte ogni giorno tra quello che è e quello che sarebbe potuto essere, nell'infinita dicotomia che è la realtà di ogni essere umano.

" Eccomi, arrivo " rispose la mamma.tenza. 

Un posto in cui tornare. Angela Barile.

"Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti". C.P.
Quando ero piccola per arrivare a Volturara ci si doveva inerpicare per una strada di montagna piena di curve e dossi, mia madre se ne lamentava sempre, diceva che le faceva male lo stomaco a farla, per me quella strada, invece, era una specie di via verso il paradiso.
Ai miei occhi di bambina quei prati verdi circondati da montagne erano quanto più si potesse avvicinare all'idea che avevo del " cielo ", potevo giocare per strada insieme agli altri bambini, arrampicarmi sugli alberi per raccogliere le ciliegie, esplorare in bici le campagne e camminare lungo le vie senza tenere la mano a nessuno.

Nonostante a Volturara non ci avessi mai vissuto, era quello il mio paese, era quella che sentivo casa mia; a distanza di anni, dopo molti posti e tante città cambiate, girare quella curva, costeggiare "la spineta", e attraversare la piccola strada principale, é per me motivo di gioia infinita, consapevole che nel mio cuore nessun posto sarà mai più bello di quello.

Ultimamente mi accade spesso di pensarci, di pensare al verde oliva delle sue montagne, a quel cielo blu macchiato dal bianco delle nuvole, al lago che appare e scompare durante le stagioni dell'anno; la nostalgia di quel piccolo paesino è una costante nella mia vita, ogni volta che sento il bisogno di casa mi arriva alle narici quell'odore acre di terra e fumo di camino, rivedo le vecchiette con il fazzoletto nero in testa che ti guardano curiose e ti salutano perchè, anche se non hanno la più pallida idea di chi tu sia, dopotutto sei lì, per quelle strade, e sicuramente sarai figlia o nipote di qualcuno che loro conoscono; e poi ci sono i suoni, i suoni delle voci che si rincorrono, delle mucche e delle pecore che d'estate pascolano nei prati, le voci dei bambini che giocano e urlano...quanto urlano!
 E poi quella sensazione di paralisi del tempo, come se certe cose lì dovessero rimanere uguali nei secoli dei secoli, la sicurezza che anche se la tua vita è un'altalena di gente e di posti, ogni volta che potrai, ogni volta che vorrai, ci sarà sempre un posto da raggiungere, un posto ai piedi di un castello diroccato che ti aspetta, qualcosa, qualcuno da cui poter tornare quando ti sembra che la tua vita corra troppo veloce.