giovedì 26 luglio 2012

Il tempo dei bilanci e delle decisioni.








Ricordo ancora, come fosse ieri, il mio primo treno per Firenze, ricordo il tepore anomalo di quel febbraio del 2007. Le valigie strabordavano della nuova me stessa che mi portavo dietro, un'Angela fatta di sogni, di dolori più o meno rimarginati, della volontà di poter fare quello che aveva sempre desiderato: andare via. Sono cresciuta con la strana consapevolezza di non vedere il futuro nel posto in cui ero nata e non soltanto lavorativamente ma anche e, soprattutto, emozionalmente. Ho sempre invidiato le persone che amavano la propria città di origine, io, personalmente non l'ho amata mai, ogni giorno della mia esistenza era costellato da questo non amore, senza che ci fosse un valido motivo.
Firenze per me era il raggiungimento di questo mio sogno, un punto di arrivo. Avevo 28 anni, mi sembravano pochi, oggi so che erano già troppi, che forse avrei dovuto laurearmi più in fretta, decidere più in fretta, ma è facile tirare le fila con la mia nuova consapevolezza, all'epoca ero una ragazzina o almeno così mi sentivo.

Firenze è stata il mio banco di prova, ha rappresentato lo sradicamento fisico di qualcosa che prima era solo una sensazione; ricordo i primi mesi, quasi su di giri, felice di essere libera e artefice della mia vita, uscivo tutte le sere, presa da una foga e un'entusiasmo incommensurabili, come sotto l'effetto di una droga, ho accettato il primo lavoro che mi veniva offerto, l'indipendenza mi sembrava il giusto prezzo da pagare alla rinuncia dei miei sogni: si, volevo scrivere, volevo lavorare con i libri, ma non c'era tempo, dovevo guadagnare, avere uno stipendio a fine mese.
Per anni mi sono detta che non era più tempo per sognare: già nel 2007 avevo scelto, se fossi rimasta a casa con i miei, forse, avrei potutto provare a fare master, stage, chissà a scrivere un romanzo, ma avevo fatto un'altra scelta e, non era stata avventata, ho sempre deciso tutto nella mia vita valutando bene i pro e i contro, peccato che col tempo le priorità cambino!

Di Firenze salvo le persone che ho conosciuto, meravigliose e accoglienti.
Mi dissero, prima di partire, che i fiorentini non erano granchè simpatici, che erano freddi, quasi aristocratici, io l'ho trovati infinitamente umani seppur molto discreti; ironici e contestatori, figli di una città antica e rispettata, innamorati della propria squadra di calcio, orgogliosi di quel giglio che, che, più di ogni altro, è il simbolo del loro passato e di un'appartenenza che a loro ho sempre invidiato, perchè io non riuscivo a sentirla.
Volevo affondare le mie radici in questo posto, ma in tutti questi anni non ci sono riuscita mai per un secondo, non mi sono mai sentita a casa qui, ho sempre sentito questi luoghi di passaggio, un controsenso se penso alla sensazione che avevo su quel treno che saliva verso nord, eppure eccomi adesso dopo cinque anni e mezzo a dover rivedere tutto daccapo.
 C'è la crisi economica in tutto il mondo e io non ho più 28 anni, ho un lavoro stabile, pagato abbastanza bene, sicuro, ma che odio, in maniera profonda e quasi colpevole.
Ma se c'è una cosa che Firenze mi ha insegnato è l'umiltà di accettare che si può cambiare idea, che gli amici non possono sostituire la propria famiglia, che gli amori non arrivano quando dovrebbero, o forse non arrivano proprio perchè non devono, con un uomo accanto non mi sarei riavvicinata alla mia famiglia, alla mia terra, forse sarei rimasta qui, un uomo mi avrebbe dato prova che avevo ragione, che tutto poteva essere sostituito, ma non è stato così.
Ritorno a casa, o almeno mi avvicino perchè la paura di  nessuna crisi mondiale può competere con i sorrisi della mia nipotina che a stento sa che esisto, con l'amore della mia famiglia  che mi  ha sempre assecondata in ogni mia scelta, anche quando la mia decisione mi allontanava da loro. So adesso che devo riappacificarmi con la mia terra e con tutto quello che mi ha permesso di essere quella che sono, qui mi sento una donna a metà, come dice una frase che ho letto un pò di tempo fa, un pianoforte senza i tasti neri, incapace di produrre una melodia completa.

mercoledì 18 luglio 2012

Il vile agguato. Enrico Deaglio.

Rabbia e incredulità, sono queste le sensazioni che mi hanno pervasa nella lettura de "Il vile agguato " di Enrico Deaglio. Già di per sè, l'attentato al giudice Paolo Borsellino crea sgomento, dolore, ma ancora peggio è, se vogliamo, il modo in cui a questa tragedia si è arrivati e come sono state condotte le indagini (indagini?) nei 20 anni seguenti.
Scopro con questo libro, da profana, abbastanza ignorante a proposito, fatti incomprensibili, la cui assurdità è talmente lampante da poter essere notata anche da un bambino, ma non dagli inquirenti, a quanto pare!
Innanzitutto mi colpsice che, abitava in via D'Amelio, un certo Salvatore Vitale , proprietario di un maneggio di Palermo, lo stesso in cui andava a saltare gli ostacoli il piccolo Giuseppe Di Matteo, si, proprio lui, il bambino rapito da Cosa nostra e successivamente ammazzato e sciolto nell'acido, per punire il padre pentito; lo stesso Vitale, a quanto pare, la mattina di quel giorno, aveva fatto allontanare dei bambini che giocavano a pallone vicino alla famosa 126 rossa che, poi, saltò in aria, lui stesso e la sua famiglia quel giorno non si trovavano a Palermo, ma erano andati a fare una gita in campagna.
Via D'Amelio era, inoltre, una zona pericolosissima, strada cieca, difficile da gestire, anche per la grande quantità di automobili parcheggiate,più volte la cosa era stata fatta notare, ma nessuno aveva preso provvedimenti ; tante cose in questa soria vengono ignorate o meglio "tralasciate"  prima e dopo l'attentato, la scena del crimine viene immediatamente inquinata, non consentendo rilievi scentifici attendibili, per anni il processo si basa su un colpevole assolutamente non credibile, tale Vincenzo Scarantino, che confessa tutto,e, poi ritratta, riconosciuto innocente nel 2011.

Ancora oggi, a distanza di 20 anni,  non si sa chi sia stato ad uccidere Paolo Borsellino, ma questo non dovrebbe sorprenderci più di tanto, siamo in Italia, "il paese felice" dove si preferisce insabbiare, nascondere, non vedere quello che per altri occhi sarebbe decisamente ovvio.
E' un'indagine questa che ti lascia con l'amarezza in bocca, che fa aumentare sfiducia e  pessimismo.

La mafia che viene fuori da queste pagine è parte costituente del nostro paese, talmente ramificata e con radici così profonde, da non poter distinguere cosa tocca e cosa risparmia, non ci sono buoni che combattono contro cattivi, o, meglio, in questa guerra, il buono non sa mai chi ha davanti, è una lotta impari, non è più quella tra Stato e Mafia, perchè Stato e Mafia combattono fianco a fianco, sono l'uno parte integrante dell'altra.
La sensazione che ho avuto è che Falcone e Borsellino più in là non potessero andare perchè erano disperatamente soli, senza alcuna protezione, se non la propria scorta, fatta di uomini, di singoli uomini, che credevano realmente in quel che facevano, sapendo di rischiare ogni giorno la vita.
Questa è la storia di  due grandi amici, che, sognavano di sconfiggere la Mafia,e, che per questo furono denigrati e uccisi, e,  dopo la morte, osannati; persone che, in un altro mondo, sarebbero definite normali, ma, che, nel nostro diventano, eroi.

lunedì 9 luglio 2012

La mia arma. Angela Barile.

                                     


Ringrazio Dio ogni giorno dell'amore per la lettura che mi ha donato.
Lui sapeva che mi sarebbe tornato utile; mentre io a 4 anni mi innamoravo delle parole lui era lì ad incoraggiarmi- Su Angela, continua così-mi diceva-i libri saranno la tua arma!.
Si, perchè ognuno di noi ne ha una, una capacità che lo aiuterà ad affrontare la vita: c'è chi è dotato di una profonda ironia, chi ha uno spiccato senso artistico, chi una naturale propensione all'egoismo, e, infine, chi, ha un profondo amore per qualcosa.

I libri, in effetti, mi hanno salvata più di una volta: da piccola quasi non me ne rendevo conto, sapevo, tuttavia, che la parola scritta mi apriva un nuovo mondo, era come una porta, che oltrepassavo quando ero triste, non mi sentivo capita, o, semplicemente quando, la realtà non mi bastava.
Tante cose nella vita non avrei potuto superare senza i libri e vi assicuro che non è un'esagearazione!
In un lavoro come il mio i libri mi hanno salvata nelle ore vuote e infinitamente lunghe di questo negozio/prigione, alcuni personaggi mi hanno soccorsa con una parola, una frase, e io ho colto sempre in essi quello che volevo sentirmi dire; alcuni sono stati un colpo di fulmine, altri ho imparato ad amarli pagina dopo pagina, di alcuni mi ha rapita un titolo, di altri l'immagine di una copertina, di altri ancora una citazione letta per caso su internet.

Quando il dolore, in certi giorni, è stato troppo forte, perdermi nelle pagine di un romanzo, è stato l'unico sollievo: arrivavano sempre in mio aiuto come angeli dal cielo, io li cercavo e loro apparivano sul mio cammino, come se fossero stati scritti solo per me tra milioni di esseri umani. Ognuno trova in un libro quello che cerca, libri che per me sono stati meravigliosi potrebbero dire poco o niente a qualcun altro, si arriva alle pagine di un romanzo con il proprio bagaglio, la propria personalità: io, per esempio mi sono sentita un numero primo nel romanzo di Paolo Giordano, orfana in "Fai bei sogni" di Gramellini, ho ritrovato il mio amore immaginato e sognato nelle lettere del romanzo di Grossman "Che tu sia per me il coltello" e potrei elencare un'infinita serie di titoli ancora e, probabilmente, non tutti saranno daccordo con me, molti avranno trovato questi libri noiosi,o, comunque , insignificanti.

Il potere e la magia della lettura è proprio questo, ognuno trova nei libri quello che serve, sono come una lampada di Aladino da accarezzare, un vaso di Pandora da aprire, dentro quelle pagine ci sei tu, innanzitutto, non una semplice storia, c'è quello che vuoi che ci sia.
So che posso sentire tutto questo solo perchè li amo, so che sembrerò una visionaria per chi legge poco o non legge affatto, ma chi mi conosce, potrà capire, anche se non condividere, queste parole con me.
Dopo tutto la lettura è la "mia " arma, ognuno, leggendo queste parole, forse, troverà la sua.