giovedì 12 settembre 2013

I fiori blu. Raymond Queneau.


                                                       

La prima volta che un libro di Queneau mi è balzato davanti agli occhi è stato più o meno una ventina d'anni fa: mia sorella era stata costretta dal suo insegnante di letteratura francese a studiare Zazie dans le metro, devo ammettere che sia per il suo bassissimo livello di entusiasmo sia per il fatto che il testo fosse in francese (lingua a me sconosciuta!) non ebbi la benchè minima voglia di leggerlo, e, col tempo, sono rimasta piuttosto prevenuta verso l'opera di quest'autore, per anni è finito nel mio dimenticatoio.
Alcune settimane fa qualcuno mi ha parlato de I fiori blu con un certo entusiasmo, e, allora, mi sono detta "Perchè no?Proviamo!"

L'approccio iniziale con questo libro è stato di puro divertimento: il romanzo ha un linguaggio estremamente originale, basato su neologismi, giochi di parole, che lo rendono complicato all'inizio, ma che finiscono, irrimediabilmente, per incuriosirti; la traduzione in italiano non poteva essere affidata a un semplice traduttore, ci voleva una personalità che avesse un'estrema padronanza sia del francese che dell'italiano, meglio ancora, uno scrittore, come Italo Calvino.
Nella nota del traduttore che c'è alla fine del romanzo, Calvino, spiega, di come le sue iniziali resistenze a cimentarsi in questo lavoro, siano state vinte da una non specificata attrazione che queste pagine esercitavano su di lui: la traduzione non aveva potuto essere fedele all'originale, molte volte alcuni termini, alcune espressioni, erano stati riadattati per risultare piu' comprensibili al lettore italiano, mantenendo però sempre intatti lo stile e il significato originale.
Verrebbe da pensare, quindi, che protagonista assoluto di questo romanzo sia, appunto, il suo linguaggio, a discapito della trama, ma assolutamente non è così, anzi, entrambi si compenetrano,e, le esigenze dell'una corrispondono perfettamente a quelle dell'altro.

La storia raccontata, come ben si può immaginare, non è assolutamente consueta: parla infatti di due uomini, che, quando si addormentano, sognano l'uno dell'altro, il duca d'Augè che, con salti di 175 anni, vive sempre in epoche diverse, e Cidrolin che vive su una chiatta ,e, come unica occupazione ha di ridipingere la sua staccionata, che viene continuamente imbrattata da un anonimo accusatore.
Chi dei due è il sognatore e chi il sognato?

Ci sono numerose interpretazioni a proposito. Innanzitutto, la prima cosa che viene fuori a proposito di questi due personaggi è la loro contrapposizione: da una parte c'è il duca d'Augè, continuamente impegnato in nuove avventure, purchè non si tratti di guerre( fa di tutto pur di non partire per una crociata e cerca di svignarsela anche davanti alla rivoluzione francese); dall'altra c'è Cidrolin, una personalità molto più statica e tranquilla, che non fa altro che dormire e bere essenza di finocchio sulla sua chiatta che è ben ormeggiata, un pò come la sua vita.
E' per questo motivo che, a mio parere, l'interpretazione più affascinante è quella psicanalitica, che è accennata anche da Calvino nella sua nota del traduttore: l'attivo duca d'Augè rappresenta l'Es e Cidrolin l'ego " sonnacchioso e pieno di complessi di colpa", e , solo attraverso l'inconscio, che raggiunge la coscienza di se stesso con i sogni,  si potrà arrivare all'unico finale possibile, con l'incontro dei due personaggi, che finalmente compiono, insieme, un viaggio dai connotati quasi biblici.

Credo, infine, che si debba aggiungere qualche altra parola a proposito del titolo.
I fiori blu ritornano due volte soltanto nel romanzo a testimoniare tutto quello che decade e poi rinasce, in entrambi i casi infatti sono associati al fango che rappresenta, appunto, la decadenza.
Lo stesso Queneau spiegò a Calvino che l'espressione francese" i fiori blu" indica ironicamente " le persone romantiche, idealiste, nostalgiche d'una purezza perduta" .

I fiori blu è un romanzo in cui la storia viene fuori completamente frammentata costringendoci a guardarla con occhi nuovi e disincantati attraverso il sarcasmo dei due protagonisti che rendono ordinari eventi straordinari; esilarante, ad esempio, è il modo in cui viene trattata la guerra, dalle crociate alla rivoluzione francese, non tanto per la violenza dell'atto in se quanto per l'inutilità e la perdita di tempo che sembra rappresentare per il nostro duca, impegnato in ben altre interessanti avventure, una sorta di impedimento al vivere da cui si deve sempre fuggire, proprio come quei fiori blu che nell'immagine finale, ostinatamente, spuntano in mezzo al fango.

giovedì 5 settembre 2013

Resti di me. Angela Barile.






       


Eccomi qua, mentre provo a mettere insieme due parole sul mio tempo, sulla personalissima successione che dò agli eventi, sul modo in cui li seleziono e scelgo quali portare via con me e quali, invece, lasciare lungo la strada. Questi mesi sono stati veloci e carichi, non sempre il tempo è così, a volte pesa, sembra quasi che non passi, altre è leggero, hai come la sensazione di non essere riuscita a catturare tutto, di esserti persa qualcosa.
Eppure quello che è importante resta.

 Resta questa città che rincorro da sempre e che, ora è mia, mia perchè la posso guardare tutte le mattine al risveglio, mia, anche quando, mentre porto curricula in giro, mi fa l'occhiolino con un tramonto, lei è lì vera, e, il tempo non la cancella, non è una di quelle cose che può passare.

Resta tutta la fatica, tutti i mesi passati a chiedermi perchè...e restano le risposte che mi sono data che non valgono per tutti, ma che valgono per me.

Resta quello che ho visto dalla cima di una montagna a 1800 metri di altezza: la distesa sconfinata di questo mondo visto dall'alto e il cielo che quasi sembrava di starci dentro, ma forse ancora di più resta la salita, un passo dopo l'altro, con la paura, che ogni tanto faceva capolino, di non riuscire a farcela.

Resta qualcuno, resta anche se non c'è più, sei tu che decidi se farlo restare.
 Succede, a volte, che chi scompare resta di più.

Non resta, invece, la me di prima. A volte mi sembra vederla riaffiorare, ma è solo una specie di sogno, quando allungo le mani per sfiorarla lei scompare.