domenica 30 dicembre 2012

La guardiana di cappelli. Angela Barile.

Uno strano lavoro il mio, così strano che devi pensare per forza che ci sia un motivo se lo fai.
Appartengo a quella fila di persone che credono che esista una ragione per ogni evento della vita, anche se, non sempre, devo ammettere, è possibile capirla, a volte le cose sembra che accadano a casaccio o, comunque, seguendo percorsi imperscrutabili ai nostri occhi.





                                              
Ho passato quattro anni chiusa in un negozio a vendere cappelli, o, meglio, come ho sempre ironizzato io, a far loro la guardia. Un lavoro che non ho scelto e, che, devo ammettere, non ho amato. Mi ha rubato il tempo, il sonno,a volte, l'ottimismo. Mi sono sentita catapultata in una realtà che non mi apparteneva, a fare quello che mai avrei desiderato fare. Nessuno fa il lavoro che ama, è vero, ma io ho fatto di tutto per non farlo, lo capisco adesso, è chiaro, la mia è stata una scelta inconsapevole, ma sta di fatto che avrei potuto lavorare in qualsiasi altro negozio e, invece, mi sono ritrovata qui a passare ore interminabili da sola.
Il tempo me lo sono dovuto inventare, ho dovuto pensare a come riempirlo e l'ho fatto con quello cha amo di più: i libri e la scrittura.

In questi anni ho letto centinaia di romanzi saggi, raccolte di poesie, all'inizio, come sempre, solo per passare il tempo, poi pian piano mi sono accorta che nei libri cercavo altro, non la bella storia o il personaggio convincente, non il verso perfetto o la prosa scorrevole, ma scavavo, piuttosto, tra le pagine per trovare me, per trovare qualcosa che mi riguardasse e di cui non ne sospettassi l'esistenza.
Questo lavoro mi ha costretta, attraverso una delle cose che amo di più- i libri- a guardare dentro me stessa, a capire le parti di me più scomode, a rivedere certe mie posizioni, ho cominciato a scrivere, ho aperto questo blog e, molto spesso, ho scritto alla parte più sconosciuta di me più che agli altri.

Probabilmente se non avessi trovato un lavoro del genere non lo avrei mai fatto o forse il processo sarebbe stato molto più lungo. Tutto è perfetto così com'è, tutto è come deve essere, mi ripeto spesso, anche quando sembra che sia tremendamente difficile e doloroso, nessuno vuole punirti, ogni cosa accade perchè tu impari. Se davvero può un mantra infonderti serenità, queste parole allora sono il mio.

La mia avventura lavorativa è al termine, quello che dovevo imparare spero di averlo imparato,e, se non dovessi esserci riuscita, spero che mi sarà data ancora una possibilità.
Altre sfide mi aspettano adesso, forse dure,forse più di quello che immagino.
Per il nuovo anno mi auguro ancora di imparare come è stato per gli ultimi sei anni della mia vita, con me porto via tutto, ogni singolo istante di debolezza, di disperazione, di gioia, ogni persona che ho amato o detestato.
 Porto via questa città che ora resta indissolubilmente legata a me, perchè non ti liberi mai della vita che hai vissuto.

giovedì 6 dicembre 2012

Vedi alla voce:amore. David Grossman.

                                                              
                                                  
Ho comprato Vedi alla voce:amore distrattamente e con leggerezza, a richiamarmi era stato il nome dell'autore del quale avevo letto Che tu sia per me il coltello, che mi era piaciuto moltissimo.
Ma dopo poche pagine avevo già capito che di leggero questo romanzo non aveva proprio nulla, sia per l'argomento trattato ( si parla infatti dell'Olocausto ), sia per il tipo di prosa, difficile da capire. Non è certo un libro per tutti questo, ti appassiona pian piano, paragrafo dopo paragrafo, finchè ti ritrovi irrimediabilmente innamorata dei suoi personaggi, della poesia che emanano, dell'immortalità delle loro vite.

Il romanzo è diviso in quattro parti: nella prima Momik, figlio di sopravvissuti all'Olocausto, nato dopo la fine della seconda guerra mondiale, è sempre più incuriosito dagli accenni che gli adulti della sua famiglia fanno su  quel paese lì  e sulla belva nazista, ma nessuno di loro ne parla mai apertamente davanti al bambino, così ,agli occhi di Momik, la Germania, mai nominata, diventa un paese incantato, e , la belva nazista, assume i contorni di un animale feroce vero e proprio.

Ma è solo nella seconda parte che, Momik, finalmente adulto, potrà partire alla scoperta dei luoghi e dei fatti, che, da bambino, gli avevano destato tanta curiosità, e, lo fa seguendo le tracce di uno scrittore ebreo, Bruno Shultz, ucciso da un'ufficiale nazista: e così comincia il viaggio di Bruno in mare insieme ad un gruppo di storioni, la morte si riveste di  un nuovo corpo, diventando una vera e propria rinascita.
Bellissimi sono i paragrafi in cui è l'oceano a parlare, perdutamente innamorato di quest'uomo che smette di vivere sulla terra, per vivere nelle sue acque.

Nella terza parte è raccontato un incontro a metà tra realtà e immaginazione: quello tra il nonno di Momik, Wasserman, e un ufficiale nazista, Niegel, in un campo di concentramento.
Niegel riconosce in Wasserman lo scrittore dei libri della sua infanzia e, ordina all'ebreo che, ogni sera, gli racconti una storia. Comincia così tra i due un rapporto paradossale che si inverte continuamente tra sudditanza e supremazia dell'uno nei confronti dell'altro. Wasserman vorrebbe morire, ma nonostante più volte i nazisti abbiano provato ad ucciderlo all'interno del campo, lui sembra completamente immunizzato ad ogni pallottola che gli attraversa il cranio. La sua immortalità dipende dal fatto che lui è uno scrittore e, uno scrittore è le sue storie e le storie di chi scrive non muoiono mai.
Wassemann conquista Niegel raccontando ogni sera, le avventure dei ragazzi di cuore,  gli stessi protagonisti dei libri che scriveva in passato, ma stavolta cresciuti, invecchiati e, con l'aggiunta di un nuovo personaggio, Kasik, un bambino che cresce ed invecchia precocemente così da esaurire l'intero suo ciclo vitale in 24 ore.
Niegel, attraverso questa storia, prende man mano consapevolezza dei suoi demoni,e , attraverso la conoscenza con Wassermann si ferma a riflettere sulle sue azioni nel campo, prima viste solo da un punto di vista meccanico.

Ma è solo nella quarta parte che tutti i tasselli vanno al loro posto.
Qui Momik, ormai cresciuto e consapevole, compila una vera e propria enciclopedia, e, ogni voce, spiega, in qualche modo, tutto quello che abbiamo letto in precedenza, ma non con un ordine temporale,   seguendo piuttosto una sequenza basata sulle emozioni.

Vedi alla voce: amore è un libro di una profondità inaudita, l'unico romanzo sull'olocausto che abbia mai letto, che accenna soltanto ai fatti tragici di quel periodo, come se Grossmann non riuscisse a prendere dalla realtà le parole per descrivere tanto orrore, preferisce esprimersi nel "non detto" attraverso la fantasia, mischiando personaggi reali ed altri immaginari, trasformando uomini in storioni, rendendo immortali gli scrittori e, infine, creando, un vero e proprio essere umano, limitato nel tempo nello spazio, a cui dedicare una vera e propria enciclopedia, che pian piano diventa l'enciclopedia di tutta l'umanità.