martedì 10 aprile 2012

Qualcosa da scrivere. Angela Barile.




E' qualche settimana ormai che non scrivo più nulla sul blog. Ho avuto bisogno di qualche giorno di pausa per capire bene quello che volevo.
Mi sono interrogata a lungo sul significato della scrittura per me, sul peso che hanno nella mia vita le parole scritte: quelle che scrivo io e quelle che leggo nei libri.
Quando ero molto piccola, un giorno, vidi mio padre che stava leggendo un quotidiano, lo faceva muovendo leggermente le labbra: nella mia ottica di bambina mi sembrò che , attraverso quei disegni sul foglio, lui fabbricasse parole, la cosa mi colpì molto e decisi che dovevo imparare.
Non ricordo precisamente come sia avvenuto, so solo che è come se avessi saputo sempre farlo. E così, dapprima ho cominciato  a leggere le favole, poi a inventarle( me le raccontavo la sera prima di addormentarmi) infine, verso i sei o sette anni ho iniziato a scriverle.
Ci sono cose che fanno parte di te nel profondo, cose : ecco, leggere e scrivere per me da bambina è stata un'acquisizione naturale, un riaffiorare in superfice di qualcosa che in me era già presente.


Con gli anni, i libri e la scrittura sono diventati un rifugio, sono sempre stata una sognatrice, e la mia vita quotidiana certo non bastava a soddisfare le mie esigenze, così mi nutrivo di ogni tipo di romanzo e scrivevo qualsiasi genere di storia che mi sarebbe piaciuto poter vivere: le mie eroine inventate erano in grado di fare cose che io non avrei mai avuto il coraggio di vivere nella mia vita reale, inseguivano amori lontani, scappavano di casa, si perdevano nell'oblio della droga e  dell'alcool, ed erano così reali ai miei occhi che,  a volte, facevo fatica  a distinguere quei personaggi dalla me in carne ed ossa.
Con il passar del tempo la scrittura è diventata un modo per scoprirmi, per conoscere la mia parte più profonda e autentica, ho sempre scritto solo per me stessa, concretamente le cose che scrivevo non potevano interessare gli altri, anzi, erano così personali e intime che la sola idea che qualcuno potesse leggerle mi metteva in grave imbarazzo.
Poi all'improvviso la vita mi ha regalato qualcosa: il tempo, un tempo costretto all'interno di quattro mura, un tempo in cui le parole nella mia testa erano l'unica cosa a cui potevo aggrapparmi per non impazzire.
Ho cominciato così a scrivere, ho aperto questo blog, e , per la prima volta, gli altri hanno letto quello che scrivevo: spesso cose molto personali, altre volte considerazioni, recensioni dei libri che amavo di più.
Eppure a leggerle, col senno di poi, anche le mie recensioni hanno una matrice troppo intimista, anche in esse non riesco ad essere oggettiva, così più che la critica del romanzo, è l'impatto che quella storia, quella scrittura ha su di me che viene fuori.
Non so se sarò mai in grado di scrivere qualcosa che oltre che corrispondere  a me , possa anche interessare in modo compiuto gli altri, per il momento la scrittura resta il miglior mezzo che ho per esprimere me stessa, l'unico modo che conosco per comunicare con i mille personaggi che convivono e  si scontrano dentro di me, senza di essa sarei una persona disturbata  e infelice.



Ho pensato tante volte di cominciare a scrivere qualcosa che potesse, almeno in teoria, essere pubblicabile, tra i miei sogni di bambina e di adolescente c'era anche quello di diventare una scrittrice, non mi rendevo conto allora di quanto possa essere difficile scrivere per gli altri, quando si scrive per se tante cose possono darsi per scontate, non c'è bisogno di spiegare ogni passaggio, di descrivere nei dettagli quello che accade, tu sei creatrice, protagonista e pubblico.
Scrivere per gli altri presuppone un approccio diverso, che non ho mai utilizzato prima e che forse non mi viene così naturale, di conseguenza uno sforzo maggiore.
Non so se riuscirò mai a farlo, ma ci sto provando: in questi giorni di assenza dal blog ho iniziato a scrivere qualcosa di diverso, qualcosa che presupponga una pubblicazione ma soprattutto un pubblico, in alcuni paragrafi a guidarmi è la mia voce interiore, come sempre lei detta e io scrivo, ma spesso devo prendere le redini e guidarla, tradurla, perchè non si metta a parlare nella sua lingua personale: il dialetto stretto di una terra sperduta e sconosciuta ai più.
Creare dei collegamenti tra me e il mondo esterno, ecco, ora è questo che deve diventare per me la scrittura, almeno è quello che proverò a fare.