martedì 29 marzo 2011

Il mio tempo. Angela Barile.

Elena si era chiesta spesso quanto tempo era passato da quel giorno. Certo che sapeva contare i giorni, le settimane, i mesi, ma non era al tempo cronologico a cui Elena alludeva: c'è un tempo che non ha niente a che fare con le ore e i minuti, c'è un tempo che tu solo riesci a riconoscere, qualcosa che scorre nelle tue vene, silenzioso e impetuoso, a volte come un uragano, a volte come un esile ruscello, è quello il tempo che ti guida nelle tue scelte, è quello il tempo che ti soccorre o ti devasta nel giro di un attimo.

Elena l'aveva sentito arrestarsi, accelerare, decelerare, aveva visto un attimo trasformarsi in un anno, ore diventare dei secondi in corsa, si era bagnata con l'uragano, rinfrescata nell'esile ruscello, eppure quel tempo Elena non riusciva a calcolarlo, nè il tempo della gioia, nè quello del dolore.

E' strano come dopo un pò i fatti non contino più tanto, contano nel tempo cronologico, non certo nel tempo del tuo cuore, lì abitano solo le emozioni e sono loro a trasformare i tuoi ricordi, a farti dubitare che certe cose siano successe oppure no.

Per Elena il suo tempo era stato lunghissimo e infinitamente lento, l'aveva sentito scorrere nelle vene come fosse stato piombo, il tempo del dolore è sempre terribilmente pesante, è pieno di dossi faticosi da attraversare, di strade scivolose e gelide come ghiaccio, di laghi infuocati come la lava di un vulcano.
In questo tempo non esisteva Lui, il suo uomo, ma solo quello che aveva provato, solo certe parole dette nei fremiti della passione, quelle taciute nei silenzi dopo l'amore, esisteva una città rumorosa e un paesino in collina, il ticchettio della pioggia e il sole accecante dell'estate e infine, tanto tanto silenzio come se niente di ciò fosse mai stato.

Elena era lì a cercare di vivere come se niente di importante fosse accaduto perchè quello che ricordava o credeva di ricordare, dopo tutto, era importante solo per lei.
Quanto conta che quello che è stato sia riconusciuto anche dagli altri? Per lei contava, per lei la condivisione, la comprensione sarebbero valse a qualcosa,nella solitudine continuava solo a sentirsi pazza, o forse lo era, magari solo in quel tempo magico, quel tempo solo suo, che segretamente scorreva come linfa nel suo corpo.

I bambini la chiamavano dall'altra stanza, li sentiva litigare e sentiva Matteo, il più piccolo, frignare con insistenza. Eccolo il tempo cronologico che la chiamava, in quel tempo Elena smetteva di essere una donna  innamorata, e ritornava ad essere solo una madre, era in quel tempo che Elena si rifugiava per rimanere coi piedi per terra, il tempo di chi combatte ogni giorno tra quello che è e quello che sarebbe potuto essere, nell'infinita dicotomia che è la realtà di ogni essere umano.

" Eccomi, arrivo " rispose la mamma.tenza. 

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