mercoledì 6 ottobre 2010

Cent'anni di solitudine ( Come non partire da qui? )

Lungo le vie e attraverso i cieli di Macondo ecco che si dipana la storia della famiglia Buendìa, di questa saga di nomi e di destini tutti uguali che si rincorrono, si alternano, nascono e muoiono sotto l'egida di una predizione: la nascita di un figlio con la coda di maiale.
E mentre gli anni passano, con alcuni personaggi, come Ursula, per esempio, la patriarca, che sembrano vivere all'infinito, e altri, come Remedios la bella, che si dissolve volando nei cieli in un bel giorno di primavera, come sottofondo di queste vite, ecco Macondo, il luogo dei luoghi, emblema di solitudini edi destini ineluttabili, posto magico dove può piovere anche per cent'anni, dove il tempo che avanza, il progresso, a cui, ad un certo punto, il paese va incontro, sono semplicemente un effetto boomerang per poi ritornare all'oblio e alla solitudine iniziali.
Tantissimi i personaggi di questa lunga storia, a partire dalla figura maschile più affascinante del libro, il colonnello Aureliano Buendìa, uomo lucido e analitico, che si arruola come rivoluzionario liberale contro il regime, promuovendo trentadue insurrezioni senza vincerne nessuna, padre di diciassette figli, che moriranno tutti, avuti da diciassette donne diverse, finirà i suoi giorni in un laboratorio a fabbricare pesiolini d'oro che fonde e rifonde di continuo; e ancora Melquiades, lo zingaro che porta a Macondo il progresso e l'innovazione, l'uomo che, chiuso in una stanza scriverà la profezia sulla fine della stirpe Buendìa, senza la quale l'intera storia non potrebbe sussistere.
E' un libro questo che parla di tutti gli uomini e di tutti i tempi, un libro in cui non è fondamentale, secondo me, concentrasi sull'intricato albero genealogico della vicenda, bensì cercare il senso, cogliere la fatale eredità che ogni personaggio lascia al suo successore, in quella visione, tipica della letteratura latino-americana, magica e fatalistica, che può non trovare tutti daccordo, ma è un aspetto affascinante e vivo di una cultura e di un filone letterario di grandi opere e di grandi autori.
Come può un essere umano, con tutte le sue imperfezioni e limitazioni, concepire un'opera di così largo respiro, una di quelle storie che non può lasciare indifferente e non può essere dimenticata?
E' la domanda che sempre mi faccio davanti a un grande capolavoro, e indubbiamente, Cent'anni di solitudine lo è.

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